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Blackout in Spagna: accuse infondate alle rinnovabili e il nucleare è un enorme problema

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Lunedì 28 aprile un blackout su larga scala ha interessato soprattutto Spagna e Portogallo. Sulle cause ancora si cerca di fare chiarezza, ma c’è chi ha lanciato accuse (infondate) alle energie rinnovabili, tacendo su quanto accaduto con le centrali nucleari, come spiega l’associazione Energia per l’Italia.

Blackout in Spagna: accuse infondate alle rinnovabili e il nucleare è un enorme problema

Lunedì 28 aprile un blackout su larga scala ha interessato soprattutto Spagna e Portogallo. Sulle cause ancora si cerca di fare chiarezza, ma c’è chi ha lanciato accuse (infondate) alle energie rinnovabili, tacendo su quanto accaduto con le centrali nucleari, come spiega l’associazione Energia per l’Italia.

«Secondo Red Eléctrica, il gestore spagnolo della rete di trasmissione (TSO), a metà giornata si è registrato un improvviso crollo del 60% della produzione elettrica nazionale, pari a circa 15 gigawatt. Un evento di questa entità solleva interrogativi urgenti: guasto tecnico? Evento meteorologico estremo? Cyberattacco? O, come da manuale per alcuni commentatori, la solita accusa trita e ritrita contro le fonti rinnovabili?
Al momento, l’assenza di dati certi impone cautela, ma ciò non ha impedito a una schiera di analisti improvvisati, opinionisti, influencer energetici, e noti esperti da salotto, di esprimere diagnosi definitive con la disinvoltura di chi scambia il metodo scientifico per un esercizio di opinione» spiegano dall’associazione Energia per l’Italia. «In questa situazione, il primo a subire un duro contraccolpo d’immagine è in ogni caso proprio Red Eléctrica, che sul proprio sito web celebra l’efficienza del suo Centro de Control Eléctrico, definito con enfasi “il cervello del sistema elettrico che si prende cura della tua energia 24 ore su 24, 365 giorni all’anno”.  Nel frattempo, a poche ore dall’evento, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha annunciato l’istituzione di una commissione d’inchiesta per chiarire le cause del blackout e individuare eventuali responsabilità da parte delle aziende elettriche. Tuttavia, in parallelo al processo istituzionale, ha preso piede — anche in Italia — una narrazione ormai prevedibile: la colpa sarebbe da attribuire alla crescente penetrazione delle energie rinnovabili nel mix energetico iberico».
«Una narrativa semplicistica e già ampiamente smentita. Basti ricordare i commenti seguiti agli incendi che nel 2020 devastarono la California: in quell’occasione si preferì imputare i blackout all’”instabilità” delle rinnovabili piuttosto che interrogarsi sul dato climatico allarmante, ossia i 54,4 °C raggiunti nella Death Valley. Il pregiudizio ideologico ha ignorato volutamente i dati, come spesso accade. In netto contrasto, un recente studio pubblicato su Renewable Energy ha evidenziato che non si sono verificati blackout nemmeno quando, per un periodo record di 98 giorni su 116 (tra fine inverno e inizio estate 2024), la produzione da fonti eoliche, solari e idroelettriche ha superato il 100% della domanda elettrica sulla rete principale della California, con una media di 4,84 ore (e picchi di 10,1 ore) al giorno – prosegue l’associazione nella sua nota – C’è tuttavia un dettaglio ben più inquietante, assente nei resoconti ufficiali e nei lanci delle agenzie stampa: mentre la rete collassava, i sette reattori nucleari spagnoli, distribuiti su cinque centrali, venivano rapidamente disattivati e i loro sistemi di raffreddamento venivano mantenuti operativi grazie a un numero imprecisato di generatori diesel. Questo intervento di emergenza è servito ad evitare una catastrofe nucleare su scala multipla in Europa occidentale, ma siccome far ripartire queste centrali non è affare di poco conto la ripresa della rete è avvenuta senza nucleare, con impiego massiccio delle rinnovabili (sole, vento e acqua) e del gas, come risulta dai dati diffusi dal sito Electricity Map».
«Se la rete non fosse stata ripristinata in tempo, oggi certi “critici delle rinnovabili” si troverebbero a scrivere su ben altro. Ma come spesso accade, si preferisce colpire ciò che è nuovo, trasformativo e meno difeso politicamente — piuttosto che affrontare le reali vulnerabilità di un sistema energetico ancora profondamente legato a fonti centralizzate, obsolete e a rischio sistemico» conclude l’associazione.

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