Lunedì 19 dicembre dalle ore 18.30 in Piazza Castello a Vicenza, si invita la cittadinanza, gli studenti, le associazioni, i gruppi a prendere parte a un presidio/fiaccolata per Aleppo, per esprimere la volontà di fermare la guerra in Siria. L’orrore di Aleppo è sotto gli occhi di tutti. L’ennesima, forse la più grande, tragedia umanitaria dall’inizio del conflitto siriano si sta consumando in queste ore, con una comunità internazionale che rimane inerme e con migliaia di persone ancora intrappolate nell’inferno.
La conquista definitiva della parte Est della città, importante crocevia commerciale e culturale della Siria ante-guerra e porta verso l’Occidente, da parte di Assad e dei suoi alleati, Russia e Iran in testa, era stata preceduta da mesi di violenza e terrore. A subirne gli effetti è stata soprattutto la popolazione civile; donne, uomini e bambini disarmati che stanno pagando un prezzo altissimo in un conflitto che pare senza fine. Oltre mezzo milioni di morti dal 2011 e la metà della popolazione esistente nel periodo pre-bellico che è stata costretta a lasciare il Paese ricevendo, il più delle volte, un’accoglienza indegna in Europa. Sangue e morte come quello che, a parti invertite, si è consumato durante l’assedio della parte ovest della città, avvenuto a partire dal luglio del 2012, che allora vedeva protagoniste le milizie sunnite contro le forze governative. Anche allora si è assistito alle stesse orribili scene e alla stessa indifferenza da parte della comunità internazionale.
Il mosaico siriano, la complessità di una guerra troppe volte ridotta semplicisticamente a un “tutti contro tutti” è stata spesso un alibi per mascherare gli interessi strategici e le politiche di potenza in un’area la cui instabilità è funzionale a chi si arricchisce con l’industria bellica e con l’accaparramento selvaggio delle risorse. Le atrocità compiute da Daesh nella sua avanzata in Siria e in Iraq nel tentativo di riconquista dei territori persi, il fondamentalismo che nega ogni libertà praticato dal Fronte al-Nusra (ora Jahbat Fateh Al-Sham) e da altre forze jihadiste, l’arroganza militare e politica di Assad e dei suoi alleati, le ambiguità di Stati Uniti e Turchia sono le tante facce attraverso cui si esprime nel territorio siriano un’unica grande guerra: quella globale. Una guerra permanente, combattuta in primo luogo dalle multinazionali e dai potentati finanziari per l’esproprio delle risorse, che nel Medio-Oriente ha in questo momento altri focolai meno noti ma altrettanto mortali e che vede la stessa Italia coinvolta nel rifornimento di armi a Paesi che finanziano direttamente il fondamentalismo wahabita, come l’Arabia Saudita, protagonista nel sanguinoso conflitto yemenita.
È arrivato il momento di scendere in piazza per chiedere di fermare l’orrore di Aleppo e la costruzione immediata di canali umanitari per consentire alle popolazioni civili di potersi rifugiare in luoghi sicuri. È necessario in questo momento che i movimenti sociali, l’associazionismo e pezzi di società tornino a mobilitarsi contro lo scempio umanitario della guerra e riconquistino lo spazio pubblico per lanciare un messaggio chiaro in tutte le nostre città: bisogna fermare la guerra in Siria, i bombardamenti e i massacri che continuano a susseguirsi, il rifornimento di armi agli attori che la combattono. Si chiede anche all’Unione Europea di assumersi un’altra tragedia umanitaria che da sempre si connette alla guerra: quella dei profughi. Per questa ragione va immediatamente messo in discussione il Trattato con la Turchia che consente a quest’ultima di gestire i flussi migratori dall’Asia verso l’Europa.
C’è bisogno di aperture di corridoi umanitari sicuri per chi sta fuggendo da guerre. Tutela dei diritti umani!
Non è il momento di stare fermi e zitti. Bisogna scendere in piazza.
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