Ventitré associazioni: «Salviamo i formaggi a latte crudo»
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L’Associazione Italiana di Agroecologia (AIDA), con il supporto di altre 22 associazioni firmatarie, ha inviato una lettera aperta ai Ministeri della Salute e dell’Agricoltura chiedendo di aprire un confronto sul tema dei formaggi a latte crudo.
L’Associazione Italiana di Agroecologia (AIDA), con il supporto di altre 22 associazioni firmatarie, ha inviato una lettera aperta ai Ministeri della Salute e dell’Agricoltura chiedendo di aprire un confronto sul tema dei formaggi a latte crudo. «Una questione che in questi mesi è stata al centro della cronaca, spesso con annunci allarmistici che hanno spaventato i consumatori e spinto il Ministero della Salute a emanare linee guida che possono mettere a rischio la sostenibilità economica delle attività e con essa l’azione di presidio su interi territori. Esse, inoltre, in quanto difficilmente applicabili, possono spingere molti produttori ad adottare la pastorizzazione modificando valori nutrizionali e organolettici di questi prodotti» spiegano le associazioni firmatarie.
AIDA ricorda che «l’uso del latte crudo in Italia ha radici storiche e ragioni profonde, non riconducibili a un vezzo o ad arretratezza dei produttori. È una tecnologia consolidata, basata sulla grande diversità della flora microbica del latte, la quale rappresenta una vera e propria risorsa anche dal punto di vista sanitario, per gli effetti competitivi con la flora patogena ambientale. La pastorizzazione la distruggerebbe».
L’associazione fa notare che «le linee guida penalizzerebbero in modo particolare le aziende medio-piccole, in gran parte dislocate in aree montane, che allevano in modo etico, tradizionale, con grande rispetto del benessere animale, che ricorrono al pascolo e utilizzano e mantengono prati stabili con grande beneficio ambientale». «Le leggi in vigore prevedono già che tutti i produttori rispettino il cosiddetto “pacchetto igiene”, in particolare il regolamento 852/2004, che stabilisce le procedure igienico-sanitarie da rispettare e fissa alcuni criteri di conformità̀ per il latte crudo ai fini della commercializzazione. Questo fa sì che l’idoneità̀ al consumo dei prodotti lattiero-caseari nei confronti del rischio rappresentato dalle contaminazioni da STEC sia già garantita dall’igiene dei processi di raccolta e lavorazione del latte e dei suoi derivati, rispettivamente nel settore primario e nell’ambito della trasformazione, lungo tutta la filiera di processo. È inoltre da tenere presente che, data l’ubiquità del batterio, il problema Coli STEC riguarda anche prodotti carnei, prodotti vegetali e acque contaminate».
Per tutto questo AIDA, insieme alle altre sigle, chiede ai Ministeri «di ripensare le linee guida per la gestione del rischio da STEC, e di intraprendere un confronto condiviso con il mondo produttivo, nonché una corretta campagna di informazione».
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