Bruciamo 4700 miliardi di dollari all’anno
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Il rapporto identifica il rischio finanziario delle esternalità ambientali, ad esempio i danni da cambiamento climatico, l’inquinamento, la conversione dei terreni e l’esaurimento delle risorse naturali, in tutti i settori del business a livello regionale e spiega che «Questo dimostra che i settori d’attività ad alto impatto rappresentano una perdita economica in cui i costi dei danni ambientali, come l’uso delle risorse naturali e dei costi di inquinamento sono contabilizzati.
La maggior parte dei costi provengono dalle emissioni di gas serra (38%), seguite dall’utilizzo dell’acqua (25%), dall’utilizzo del territorio (24%), dall’inquinamento dell’aria (7%), dall’inquinamento di suolo ed acque (5%) e dai rifiuti (1%).
I settori di maggiore impatto per regione includono globalmente: la combustione del carbone in Asia orientale e in Nord America, rispettivamente al primo e terzo posto, stimate in 453 miliardi di dollari all’anno nell’Asia Orientale e 317 miliardi di dollari in Nord America. Gli impatti consistono nelle emissioni di gas serra, nonché nei costi sanitari e altri danni dovuti all’inquinamento atmosferico. In entrambi i casi, questi costi sociali superato il valore della produzione del settore.
Gli altri settori a più alto impatto sono l’agricoltura, nelle aree di scarsità d’acqua e dove il livello produttivo e quindi l’uso del territorio è elevato. L’allevamento del bestiame in Sud America, al secondo posto con circa 354 miliardi dollari.
La produzione di frumento e nell’Asia meridionale che si piazzano rispettivamente al quarto e quinto posto. Le industrie che producono ferro, acciaio e ferroleghe sono al sesto posto con 225 miliardi. La produzione di cemento a livello mondiale rappresenta il 6% delle emissioni di CO2 e l’Asia orientale produce circa il 55% di cemento del mondo, quindi non è sorprendente che si piazzi settima.