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Firme contro il presidente del Parco: non vuole chiudere le cave!

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Gli interessi economici del marmo, contro quelle della natura e dei beni comuni. La Regione Toscana vuole chiudere le cave nel Parco delle Alpi Apuane. Ma il presidente dice no, attirandosi le critiche degli ambientalisti
Gli ambientalisti da queste parti sono sempre stati presi in scarsa considerazione, perché gli interessi dei gruppi industriali hanno sempre prevalso. Per fortuna, se così si può ancora dire, nel 1985 è stato istituito un Parco Regionale per proteggere la natura da una devastazione progressiva che ha reso queste montagne luogo di vergogna, oltre che di vanto internazionale. Le ragioni del lavoro salariato per tanto tempo sono state contrapposte a quelle dell’ambiente. E oggi la diatriba, in questo angolo nord-occidentale della Toscana, torna a farsi molto accesa. Nel mese scorso il Consiglio Regionale della Regione Toscana ha deliberato un nuovo Piano Paesaggistico che prevede la chiusura delle attività estrattive all’interno delle aree dei parchi. Molte delle cave di marmo presenti all’interno del Parco delle Alpi Apuane potrebbero chiudere. Per milioni di cittadini italiani e internazionali, che hanno imparato ad amare queste terre, sembra una cosa ovvia e persino auspicabile. Ma per le amministrazioni dei territori apuani la questione è controversa, perché queste montagne sono legate da generazioni al mondo del lavoro, e oggi rappresentano un serbatoio di sicuri guadagni per la vendita dei marmi pregiati. Materiali che ormai vengono spediti direttamente nei paesi emergenti, spesso attraverso il mercato nero, senza essere sottoposti alla lavorazione in loco, che nel corso degli anni aveva creato una specificità produttiva di tutta la fascia costiera da Carrara alla Versilia.
Il nuovo piano, giunto in modo inaspettato anche per gli ambientalisti, oggi viene vissuto come un’ingerenza. Alcuni politici locali rivendicano infatti un percorso di progettazione partecipata che ha portato a confrontarsi le realtà produttive con la cittadinanza. Le associazioni di categoria parlano di centinaia di posti di lavoro a rischio, alimentate da un’attività estrattiva, che è sempre al limite della legalità, come hanno dimostrato i recenti scandali di natura fiscale per alcune aziende del bacino carrarese.
Gli ambientalisti parlano senza imbarazzo del più grave scempio ambientale conosciuto in Europa. Di un’attività che potrebbe definirsi “criminale” rispetto ad un patrimonio naturale immenso come quello delle Alpi Apuane, le montagne irripetibili, cantate dai poeti, anche se indissolubilmente legate all’escavazione del marmo sin dai tempi antichi. Oggi però gli equilibri sono più precari. E questi monti non sembrano più in grado di sopportare le modalità e i ritmi dell’escavazione, in un territorio di per sé molto fragile e vulnerabile dal punto di vista idrogeologico. Per i politici e gli industriali il gioco del ricatto dei posti di lavoro oggi è più difficile, perché insieme alle montagne si sta sgretolando anche il consenso della popolazione locale. Gli abitanti del comprensorio apuo-versiliese si stanno rendendo conto che in gioco non c’è solo la fruizione turistica dei pasaggi, ma ci sono i beni comuni. Fino a quando saranno disposti a tollerare l’andirivieni di camion carichi di montagne sbriciolate e portate via un pezzo alla volta? Non si tratta di tutelare solo la bellezza dei paesaggi, ma le sorgenti d’acqua, la sicurezza di un territorio, svuotato di una sua economia locale e sempre più simile a una terra di conquista di tipo coloniale. Anche se i nuovi coloni, paradossalmente oggi, vengono dalla Cina o dagli altri paesi emergenti. Il lavoro delle cave del resto è sempre più marginale e sempre meno funzionale alla costruzione di un’economia solida e capace di futuro, perché legato ad una materia prima in esaurimento.
Intanto è scattata la protesta contro la posizione incomprensibile presa dal Parco Regionale delle Alpi Apuane. Sul sito Avaaz si è diffusa una petizione, sostenuta tra gli altri dal Wwf e dal Comitato Salviamo le Apuane, per richiedere al Presidente Enrico Rossi di revocare dalla carica di Presidente del Parco delle Alpi Apuane il presidente Alberto Putamorsi, che si è rifiutato di accettare la chiusura delle cave nelle aree di Parco, impostagli dal piano paesaggistico regionale, va contro alla legge Quadro delle aree protette (Legge 6 dicembre 1991, n. 394) e non ottempera al suo ruolo di tutela di un ambiente e di un territorio unico al mondo, recentemente proclamato ottavo «geoparco» d’Italia dall’Unesco. Se difende gli interessi delle imprese non si capisce come possa continuare a ricoprire il ruolo di garante di un Parco Naturale Regionale, nato per proteggere la natura.
https://secure.avaaz.org/it/petition/Il_presidente_della_Regione_Toscana_Enrico_Rossi_Chiediamo_le_dimissioni_del_Presidente_del_Parco_delle_Alpi_Apuane/?rc=fb&pv=17

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