I bambini unschooler: lo sguardo di chi li ha conosciuti
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In quanti si sono chiesti come si vive in una famiglia di unschooler? E i bambini, come crescono? Ecco il parere di chi ha conosciuto la famiglia di Elena Piffero e Barak, con 4 figli in unschooling.
In quanti si sono chiesti come si vive in una famiglia di unschooler? E i bambini, come crescono? Ecco il parere di chi ha conosciuto la famiglia di Elena Piffero e Barak, con 4 figli in unschooling.
La famiglia di Barak ed Elena vive nelle campagne del modenese e i loro quattro figli apprendono con l’approccio dell’unschooling. Elena Piffero, ricercatrice in sociologia della famiglia, è anche autrice del libro “Io imparo da solo. L’apprendimento spontaneo e la filosofia dell’unschooling” (Terra Nuova edizioni).
Nel corso del tempo hanno conosciuto e frequentato tantissime famiglie, persone, esperti e alcuni di questi hanno condiviso i loro commenti molto positivi.
Come ad esempio Valentina Rebaudengo, insegnante di violino in una scuola di musica dedicata prevalentemente alla prima infanzia. «Quando, nel 2016, mi dissero che nella mia classe di violino sarebbero arrivate due bambine che non frequentavano la scuola pubblica ma facevano scuola a casa, avevo molti pregiudizi, che devo dire ritrovo in moltissime persone che non hanno avuto diretto contatto con la realtà dell’homeschooling o dell’unschooling, realtà che adesso mi trovo spesso io a difendere» spiega Valentina.
«La prima cosa che ho notato di E. e R., che spesso venivano a lezione già con il fratellino M., era la grande calma ed educazione; fin da molte piccoli si mettevano a disegnare o a scrivere da soli in silenzio, in attesa che finisse la lezione precedente. Abituata a bambini che arrivano alla lezione di violino di corsa, con genitori trafelati, nervosi, presi da mille impicci e che magari devono rispondere a chiamate di lavoro o a mille messaggi durante le lezioni dei figli, ho notato subito che i tempi di questa famiglia sono diversi. I bambini non hanno bisogno di attirare l’attenzione dei genitori perché hanno il tempo con loro e questo infonde in loro calma e sicurezza, per cui raramente li ho sentiti gridare, fare capricci o scenate . Mi è sembrato subito un privilegio non da poco, per loro e per chi sta loro vicino».
«Poi il loro modo di apprendere nel campo musicale è sempre stato pieno di curiosità e desiderio spontaneo di migliorarsi – prosegue Valentina – non credo di aver mai dovuto riprenderli perché studiavano poco o male; al limite sono capitate settimane in cui loro stessi mi dicevano che avevano studiato meno, ma sempre con dispiacere se capitava, oppure insieme abbiamo analizzato cosa poteva non aver funzionato nello studio. Questo credo sia dovuto al grande incoraggiamento che hanno a casa, a un modo di apprendere positivo, giocoso, mai forzato e mai obbligato, né spinto da ricatti o minacce, come vedo invece spesso in altri casi. Penso che molto stia nell’organizzazione, nell’intelligenza e nell’animo dei loro genitori. Rivedo i loro occhi sgranati e brillanti guardarmi quando spiego, sempre attentissimi e concentrati. È raro avere allievi che non ti parlano o suonano sopra, ti ascoltano davvero e per di più capiscono al volo!».
«Anche quando, crescendo, hanno iniziato con esercizi noiosi e difficili di violino, non li ho mai sentiti lamentarsi. Fin da piccoli capivano a cosa serviva una certa cosa e, se comprendevano che era utile per suonare meglio, andava bene farla; applicare questo in tutte le cose li ha portati ad avere molta autoconsapevolezza. Peraltro i compagni di violino vogliono andare nei posti solo se ci sono loro, si contendono i loro inviti e la loro vicinanza e alcuni hanno stretto amicizie molto profonde. Ho capito, dunque, che non si può fare di tutta l’erba un fascio. I genitori hanno scelto di far crescere i loro figli nella natura, nel rispetto dell’ambiente, frequentando quante più attività sociali, culturali e sportive possibile. Ma non hanno mai espresso un giudizio sullo stile di vita altrui o un divieto assoluto. R. ed E. hanno un cellulare ma non mi sembra che lo usino compulsivamente, sebbene non siano strettamente controllate; di quanti adolescenti possiamo dire lo stesso? R. ha potuto scegliere se andare alla scuola superiore pubblica, ma ha deciso di continuare a casa per dedicarsi di più al conservatorio e, pur non avendo mai frequentato la scuola, non ha avuto nessun problema di integrazione o disciplina. Purtroppo le famiglie che fanno certe scelte incontrano spesso istituzioni e burocrazie ottuse, commenti ciechi e giudizi senza consapevolezza. Basterebbe andare a una festa a casa di Elena e Barak per vedere quanti amici hanno questi ragazzi, quanto sono accoglienti e gioiosi, creativi e simpatici. Senza timore di retorica, io mi sento fortunatissima ad averli incontrati sulla mia strada, ho imparato almeno metà di tutto quello che so come insegnante da questi tre ragazzi, a cui recentemente si è aggiunta una quarta sorellina violinista, e dai loro genitori».
Grazia Serradimigni è insegnante di violino in Conservatorio da più di 40 anni: «Ho l’onore di avere nella mia classe R., 15 anni, molto dotata, molto curiosa e molto intelligente, sicuramente preparatissima e abituata all’ analisi e alla disciplina, oltre che ragazzina dal carattere cordiale e socievole – dice Grazia – Ho il piacere di seguire anche i due fratelli di R., E. e M., entrambi solari, comunicativi e molto seri. Ho una stima profondissima per questa famiglia e per il modo meraviglioso, invidiabile e sicuramente molto impegnativo con cui stanno crescendo i loro quattro figli. Hanno la luce negli occhi, sono gioiosi e molto colti, con una grande passione per la lettura, la musica (sempre ai concerti!), mai annoiati o tristi. I genitori, Elena e Barak, sono campioni di ospitalità e le loro feste sono davvero indimenticabili. Persone eccezionali che hanno deciso di regalare ai loro figli un’infanzia e un’adolescenza al riparo dagli standard preconfezionati, dal conformismo e dall’incapacità critica; sono ragazzi che hanno davvero la possibilità di evolvere secondo la propria profonda natura, di essere felici. Sono molto grata per l’ intelligenza, la disponibilità e l’ apertura di cuore e mentale con cui si viene contagiati dalla loro presenza e amicizia».
Rita Marchesini ha conosciuto la famiglia di Elena e Barak perché i loro figli frequentano il Cemi, la scuola di musica in cui insegna. «Sin dai primi incontri i ragazzi mi hanno colpito per la loro vitalità, autonomia e grande curiosità – spiega Rita – In seguito sono diventata amica dei genitori e li ho coinvolti anche come insegnanti nel corso musicale estivo che organizzo ogni anno. Il loro modo di accompagnare i figli nella crescita mi ha interessata al punto da voler approfondire l’approccio dell’unschooling, leggendo anche il libro di Elena. Osservando i loro ragazzi, educati, collaborativi, autonomi ed entusiasti, ho maturato la convinzione che questo metodo meriti attenzione, perché pone al centro un aspetto fondamentale dell’educazione: permettere ai bambini e ai ragazzi di scoprire davvero ciò che li appassiona e dove risiedono i loro talenti, coltivando la disciplina come scelta consapevole e non come imposizione. Io stessa sono stata una madre molto tradizionalista e i miei figli hanno seguito percorsi di studio accademici; tuttavia, come insegnante di pianoforte, noto sempre più spesso quanto i giovani abbiano poco tempo per capire cosa amano davvero, presi da ritmi e richieste che spesso li allontanano da ciò che è essenziale. Per questo credo che chi sperimenta strade educative diverse, pur con inevitabili imperfezioni come in ogni percorso genitoriale, meriti ascolto e sostegno. In queste famiglie vedo un forte impegno nel far crescere i figli con valori di empatia, condivisione e profondità, anziché concentrarsi sull’apparenza. Anche mia figlia e suo marito, che hanno due bambini piccoli, hanno deciso di intraprendere un percorso di unschooling, e io sono fiera della loro scelta: non è una strada semplice, richiede tempo, presenza e rinunce, ma nasce dal desiderio sincero di offrire ai figli un modo diverso di esplorare il mondo, più libero dal consumismo e dalla competitività esasperata. Famiglie che si impegnano così tanto nell’educazione dei propri figli andrebbero sostenute, non ostacolate».
Sorayya Russo insegna violoncello ha conosciuto recentemente E. in modo più diretto, nelle lezioni con il trio musicale di cui fa parte con un’altra violinista e una violoncellista, tutte coetanee e giovanissime. «E. ha una musicalità pazzesca e una sensibilità fuori dal comune. Uscendo dal contesto musicale, sia lei che i fratelli sono di un’educazione, una delicatezza, un’empatia che si fa sempre più rara – dice Sorayya – Sono sempre a disposizione sia di noi insegnanti che dei loro compagni di corso. Abbiamo sempre ricevuto aiuto per riordinare le classi e le sale pre e post concerto e questo nonostante la possibile stanchezza; e sempre con il sorriso. Sono delle perle rare».
Dunque, una strada non solo possibile ma che può anche portare risultati molto positivi.
PER APPROFONDIRE
Io imparo da solo. L’apprendimento spontaneo e la filosofia dell’unschooling
L’apprendimento spontaneo in un ambiente familiare e sociale incoraggiante e ricco di stimoli costituisce un valido percorso di autoistruzione. I bambini continuano, come hanno fatto in millenni di evoluzione, a imparare da soli: sono biologicamente programmati per farlo. Le numerose esperienze di unschooling ci dimostrano che i bambini, anche senza un programma didattico prestabilito e imposto dall’esterno, sviluppano con successo le loro capacità in autonomia, seguendo i propri ritmi. Rifacendosi a un nutrito corpus di studi sull’apprendimento, le neuroscienze e la psicologia dell’età evolutiva, questo libro racconta come e perché adottare l’unschooling, riportando con decisione al centro del dibattito sull’educazione i legittimi protagonisti: i bambini.


