È tempo di superare la nostra impattante quotidianità. L'editoriale di Nicholas Bawtree, direttore di Terra Nuova.
Viviamo in un’epoca di emergenze: cambiamento climatico, inquinamento ambientale, crisi economica, migrazioni. E la lista potrebbe continuare a lungo.
Nell’affannarsi a cercare risposte, c’è chi auspica un intervento dall’alto, chi sostiene che la soluzione verrà dall’azione individuale. In entrambi i casi, che siano i governi o i singoli ad agire, pare difficile che avvengano cambiamenti senza la guida di un leader. Ma è davvero così?
La figura del leader capace di catalizzare l’attenzione e il consenso su larga scala, come i leader politici o di movimento, o su più piccola scala, come i cosiddetti influencer, è per certi versi figlia di una società che venera il successo personale, l’eccellenza, l’eroismo o la ribellione dei singoli, alimentando pertanto il concetto di competizione a scapito della cooperazione.
Pensare e agire di testa propria è ovviamente qualcosa da incoraggiare, ma forse la nostra forza, come esseri umani o, meglio, come esseri viventi, sta soprattutto nella connessione con chi e con ciò che ci circonda. Raramente ci pensiamo come un grande organismo collettivo, non solo gocce che diventano mare, ma vento che può cambiare la direzione della corrente.
Spogliarsi del proprio individualismo sarebbe già un passo importante.
Dovremmo esercitarci ogni giorno a pensare che la nostra vita probabilmente non vale più della vita dell’albero che vediamo dalla finestra e che la salute, il benessere e la felicità hanno più senso se il nostro sguardo è planetario.
La sfida maggiore nei prossimi anni sarà quella di trovare un denominatore comune che consenta di superare le frammentazioni e rivoluzionare la nostra impattante quotidianità. I leader, prima o poi, specialmente in un contesto dominato dai mezzi di comunicazione, sono destinati a tramontare. Quindi raccogliamone e interiorizziamone i messaggi, ma mettiamoci in ascolto e diventiamo sinapsi del cambiamento.
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