Fondazione Cetacea: «Salvate tartarughe marine debilitate»
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Secondo una stima della Fondazione Cetacea, sono in aumento le tartarughe marine debilitate per diversi fattori, che si spiaggiano lungo le coste dell'Adriatico.
Secondo una stima della Fondazione Cetacea, sono in aumento le tartarughe marine debilitate per diversi fattori, che si spiaggiano lungo le coste dell’Adriatico.
Da metà giugno a metà agosto sono state oltre 50 le tartarughe marine di piccole e piccolissime dimensioni trovate sulle spiagge, con una maggiore concentrazione lungo le coste di Veneto, Emilia-Romagna e Istria. «Le tartarughe, che misurano dai 10 ai 40 cm di carapace, sono arrivate ai Centri di Recupero in condizioni per lo più drammatiche, fortemente debilitate, anemiche e ricoperte di balani (epibionti detti anche “denti di cane”) – spiega la Fondazione – I casi sono riconducibili alla sintomatologia della tartaruga affetta da DTS, un acronimo che in italiano sta per “sindrome della tartaruga debilitata”, che chiaramente ci dice molto degli effetti della patologia ma poco sulle cause: casi di tartarughe “affette da DTS” si verificano tutti gli anni, ma l’alto numero di quest’anno richiama l’episodio del 2009, in cui Fondazione Cetacea e gli altri CRTM lungo la costa intervennero su 173 tartarughe in meno di due mesi».
Fondazione Cetacea, insieme ad alcuni ricercatori dell’Università di Bologna, stanno collaborando con diverse realtà lungo le due sponde dell’Adriatico per raccogliere il maggior numero di campioni e informazioni e per indagare il fenomeno in maniera complessa e multidisciplinare. E i veterinari e le biologhe del Centro di Recupero Cura e Riabilitazione di Riccione si stanno confrontando con gli altri Centri di Recupero sui casi clinici e i protocolli di cura applicati, e con gli IZS e l’Università di Camerino per le necroscopie degli esemplari deceduti.
E lo scorso 13 agosto, durante un’escursione in canoa, due cittadine hanno segnalato un esemplare di tartaruga marina Caretta caretta in evidente difficoltà nelle acque comprese tra Punta Marina (Ravenna) e la nave rigassificatrice BW Singapore entrata in funzione da alcuni mesi.
«In un video, girato per dare indicazione ai soccorsi giunti dopo poco, si vede la tartaruga praticamente inerte avvolta da un ampio strato di schiume galleggianti sul pelo dell’acqua – spiegano dalla sezione di Italia Nostra di Ravenna – La formazione di schiume nei siti in cui è presente un’unità rigassificatrice è conseguente al processo di rigassificazione, che utilizza l’acqua di mare come vettore di scambio termico per riscaldare il gas liquefatto e riportarlo alla fase gassosa. L’acqua di mare va sterilizzata con massiccio uso di ipoclorito di sodio (candeggina, per intenderci, come si usa nelle piscine) per evitare il rapido deterioramento degli impianti del rigassificatore, e successivamente viene ributtata in mare, con la formazione di schiume. L’impianto approvato per Ravenna è infatti a “ciclo aperto”. E’ evidente la gravità degli impatti per l’ambiente marino di un simile processo, come è stato molte volte dichiarato inutilmente da biologi marini, associazioni, esperti, cittadini. Recentemente, il direttore di Fondazione Cetacea di Riccione, Sauro Pari ha ricordato che “Il rigassificatore al largo di Punta Marina creerà grandissimi problemi sia alla fauna ittica che ai pescatori”. E ancora “Secondo la Fondazione Cetacea, l’impatto sarà simile a quello registrato una decina d’anni fa per il rigassificatore di Porto Viro, dove fu registrata una morìa anomale di tartarughe marine”. In poche parole, l’apparato digerente della tartaruga viene “sterilizzato”, ed essa, impossibilitata ad assorbire nutrienti, si debilita, spesso con prognosi infausta».
«In assenza di conferme, non possiamo attribuire il rinvenimento della tartaruga in fin di vita tra le schiume nel mare di Punta Marina all’entrata in funzione del rigassificatore di Ravenna, né, d’altro canto, pare che finora sia stato diffuso alcun dato sui monitoraggi da eseguirsi tramite MMO (Marine Mammals Observer) che invece erano stati annunciati durante la velocissima fase di approvazione del progetto – spiega Italia Nostra – Come evidenziato in fase di progetto dalla stessa SNAM, è noto che l’Adriatico è habitat privilegiato per la vita e la riproduzione, solo per citare gli animali marini più noti, di delfini e tartarughe. Auspichiamo che i centri di soccorso e gli enti deputati possano, con coscienza e trasparenza, dare ulteriori informazioni circa la reale situazione, e che, soprattutto, si valuti bene, quando arriverà il momento della schiusa ormai imminente, se lasciare andare in un contesto ambientale come questo le piccole tartarughe che nasceranno dal nido di Caretta caretta rinvenuto proprio a Punta Marina».

