Smart cities: le ombre del capitalismo della sorveglianza

La transizione verso le cosiddette città intelligenti non risparmia le grandi come le piccole città italiane e nel mondo. Allo slogan «è per la nostra sicurezza» forse non crede più nessuno. E non a torto. Ecco i rischi delle smart cities e di un sistema di sorveglianza capillare e pervasivo che già oggi è usato per scopi militari di controllo, intimidazione, repressione e violenza. 

Negli ultimi anni non c’è città piccola o grande che non stia cercando di mettere a punto modelli di smart cities, le cosiddette città intelligenti. Gli investimenti sono aumentati, in Italia nel 2023 hanno superato per la prima volta il miliardo di euro, mentre in tutto il mondo gli investimenti raggiungeranno un valore di 3757,9 miliardi di dollari entro il 2030, con una crescita annua composta del 29,4% tra il 2025 e il 2030.

Sostenibili, interconnesse, con telecamere e sensori ovunque, saranno collegati perfino i frigoriferi e i dispositivi casalinghi, con i dati analizzati nelle control room. Vengono così raccolte e analizzate enormi quantità di dati, in precedenza non tracciati, su movimenti e attività della popolazione urbana. Il tutto per controllare, per (ci dicono) garantire sicurezza e, secondo le promesse, anche ridurre l’inquinamento. Ma nella realtà il prezzo in termini ambientali e per i diritti umani delle smart cities è altissimo.

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