Smalti per unghie: i rischi e le alternative atossiche
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Passarsi lo smalto sulle unghie di mani e piedi è un’abitudine che accomuna ragazze e donne di tutte le età. Dal finish metallico e dai colori brillanti, arricchiti da paillettes scintillanti e motivi variegati, ce ne sono di tutti i tipi e per tutte le occasioni. Tuttavia, si tratta di cosmetici che possono contenere sostanze tossiche, il cui uso andrebbe limitato, soprattutto quando si parla di bambine e donne in gravidanza. (Foto: Valeria Boltneva su Pexels)
Unghie e smalti: una convivenza difficile
Le unghie sono annessi cutanei costituiti prevalentemente da cheratina, cellule prive di nucleo che si depositano sulla lamina ungueale man mano che crescono a partire dalla matrice. La cheratina forma uno strato duro e resistente, ma allo stesso tempo trasparente e poroso. Le unghie sane hanno la superficie liscia, appaiono rosee e sono flessibili, elastiche e resistenti. Per quanto siano costituite da tessuti «morti», come i capelli, non sono del tutto inerti e la ripetuta applicazione di smalti e solventi può comprometterne l’integrità, rendendole al contrario fragili, ruvide e maggiormente porose, quindi più esposte all’assorbimento delle sostanze tossiche presenti nelle formulazioni.
Gli smalti infatti sono lacche sintetiche contenenti miscele di pigmenti inorganici che, a seconda delle percentuali usate, consentono di ottenere le tonalità più svariate. Colore brillante, stendibilità semplice e fluida, asciugatura rapida e resistenza sono garantite, invece, da una serie di sostanze di origine sintetica, dal profilo ecologico e tossicologico non sempre confortante. Molte di queste, vietate per uso cosmetico, godono invece di particolari deroghe per unghie e capelli, perché in teoria non dovrebbero entrare direttamente a contatto con la pelle. Un assunto alquanto criticabile, se si pensa che una tinta per capelli necessariamente «tocca» il cuoio capelluto e che facilmente uno smalto può colare per errore sulle dita.
Sintetici e inquinanti
In un tipico smalto, i filmogeni, impiegati per proteggere il colore e conferire trasparenza e coprenza, sono in genere derivati della cellulosa (nitrocellulosa), combinati con resine termoplastiche che ne aumentano la resistenza e l’adesività. Tra queste vi sono le resine acriliche, le resine poliestere, le resine epossidiche e le resine a base di sulfonammide e formaldeide (TSFR). I plasticizzanti conferiscono flessibilità, adesione e brillantezza, ftalati e canfora sono i più utilizzati. Per diluire gli ingredienti presenti e facilitare l’asciugatura si utilizzano solventi come l’acetato di etile, l’alcol isopropilico, il dimethicone e il toluene; sono presenti, in aggiunta, addensanti come lo steralkonium hectorite, additivi per conferire effetti di perlescenza e iridescenza e filtri UV (benzophenone – 1), per evitare che il colore viri con l’esposizione ai raggi solari. Infine, per «addolcire» la formula, possono essere presenti sostanze funzionali di origine naturale dalle proprietà emollienti, idratanti o nutrienti, come l’olio di ricino, la glicerina o la vitamina E, che tuttavia fanno ben poco per ridimensionarne la tossicità. (…)

