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Il massacro degli attivisti ambientali

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Segnaliamo un interessante e preoccupante articolo scritto da Paolo Virtuani per il Corriere: 908 attivisti ambientali assassinati in 10 anni, secondo le stime del rapporto di Global Witness.
Una strage silenziosa sta avvenendo nel mondo: quella degli attivisti ambientali. In dieci anni sono avvenuti 908 omicidi, uno ogni quattro giorni, nel silenzio quasi generale. Il  rapporto di Global Witness ha il merito di portare alla luce un autentico massacro che è avvenuto in 35 nazioni, con la stessa Ong britannica che avverte che il numero vero è probabilmente molto più alto, ma che è molto difficile riuscire a raccogliere i dati specie in Africa e in Asia.
Solo dieci killer su 908 omicidi sono stati consegnati alla giustizia
Global Witness
Gli omicidi degli attivisti ambientali, inoltre, hanno una caratteristica: hanno un tasso di impunità altissimi. Sono infatti solo dieci i killer su 908 assassinii che sono stati consegnati alla giustizia. Secondo il rapporto di Global Witness, «molte delle persone ammazzate sono semplici cittadini la cui unica colpa è opporsi allo sfruttamento indiscriminato del territorio in cui vivono, al land grabbing, alle perforazioni minerarie che sfregiano i villaggi, al commercio illegale di legname, alla costruzione di dighe che allagano terre abitate da millenni, alla caccia di frodo di animali protetti».
Il numero di omicidi di attivisti ambientali è in aumento
Gli esempi
Come Prajob Naowa-opas, che ha cercato di salvare la sua comunità nella Thailandia centrale dello sversamento illegale di rifiuti tossici promuovendo petizioni e bloccando le strade utilizzate da i camion dei rifiuti. Finché un killer gli ha sparato quattro colpi in pieno giorno. Quattro persone sono state arrestate per il suo omicidio, tra i quali un alto funzionario governativo, che sono in attesa di giudizio. Gli sversamenti sono stati fermati e nel villaggio è stata eretta una statua che ricorda il suo sacrificio. Ma il caso di Prajob è purtroppo un’eccezione. Jesus Sebastian Ortiz, 70enne contadino messicano, è stato ucciso nel 2012 a Cheran perché si opponeva al taglio illegale di alberi. Juvy Capion e due suoi figli, che nelle Filippine contrastavano le attività minerarie in spregio a qualsiasi regola, sono stati abbattuti dall’esercito filippino a colpi di mitra, secondo un portavoce militare durante un conflitto a fuoco con sospetti malviventi.
Il Brasile ha il triste record di attivisti uccisi
Brasile in testa
Il numero di omicidi di attivisti ambientali è in aumento: nel 2012 sono stati tre volte di più rispetto ai dieci anni precedenti. L’anno scorso Global Witness è stata in grado di documentare 95 assassinii, ma probabilmente il numero è più alto. Il Brasile ha il triste record di attivisti uccisi: 448 tra il 2002 e il 2013, seguito dall’Honduras con 109 e il Perù con 58. In Asia il primato è delle Filippine con 67, al secondo posto la Thailandia con sedici. «È un quadro allarmante e temiamo che sia solo la punta di un iceberg», ha detto Oliver Courtney, dirigente di Global Witness. «Nel mondo si pone troppo poca attenzione a questi episodi». L’Ong non è stata in grado di documentare ciò che avviene in Rep. Centrafricana, Zimbabwe e Myanmar, dove si sa di omicidi di attivisti ma dove la società civile è troppo debole e poco organizzata per raccogliere informazioni. Al contrario di quanto avviene in Brasile e forse per questo il gigante sudamericano ha un numero così alto di vittime accertate.

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