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Orto sul balcone: grande boom, ma le verdure sono sane?

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Nel 2013 si è avuta l’affermazione degli orti urbani. Un forte aumento dovuto in parte alla crisi e alla voglia di autoproduzione. Boom a Roma. Nota di dolore: secondo uno studio ucraino-tedesco le verdure coltivate nelle aree di traffico potrebbero risultare più inquinate.
Gli orti urbani vanno per la maggiore. Secondo la Cia (Confederazione italiana agricoltori) sono quasi 5 milioni gli Italiani che coltivano l’orto sul balcone, con  un aumento del 9% rispetto allo scorso anno. In totale si stimano 1,8 milioni di ettari coltivati nelle aree cittadine, soprattutto grazie alla diffusione degli orti sociali, gestiti dalle amministrazioni locali.
Gli orti e giardini condivisi di Roma sono aumentati del 50 % in un anno, passando da 100 a 150. In quasi ogni quartiere della città i cittadini, davanti all’incuria dello spazio pubblico e del verde urbano, si sono rimboccati le maniche ed hanno recuperato le aree abbandonate per restituirle all’uso pubblico.
Sono i dati dell’aggiornamento 2013 della mappa on line di Zappata Romana ( www.zappataromana.net), visitata ogni anno da oltre 30 mila persone, nella versione in italiano ed in inglese, per trovare informazioni, linee guida e manuali su come fare. Milano ha appena aperto un nuovo bando per assegnare 171 piccoli appezzamenti, Torino è stata premiata da Legambiente per il suo regolamento sugli orti in città.
Si tratta di una risposta anticrisi e di un rinnovato bisogno di riscoprire il contatto con la terra, anche in mezzo al cemento e all’asfalto degli spazi urbani. Coltivare pomodori, insalata, piante aromatiche, ma anche zucchine e melanzane, grazie alle sempre più diffuse tecniche di coltivazione a cassetta, permette ad alcune famiglie di risparmiare fino al 10% sulla spesa ortofrutticola.
Ma quanto sono sane le verdure coltivate in zone esposte al traffico cittadino? Uno studio ucraino-tedesco sulle condizioni della verdura coltivata nel centro di Berlino afferma che la quantità di metalli pesanti riscontrata negli ortaggi è decisamente più alta in città che in campagna, con percentuali che variano moltissimo a seconda del tipo di esposizione al traffico, dei metodi di coltivazione e delle strutture ospitanti.
Ma forse non c’è motivo di allarmarsi? Eco delle Città ha affrontato l’argomento facendo la domanda a Fabio Dovana presidente di Legambiente Piemonte: “Francamente siamo più preoccupati dagli effetti che hanno i pesticidi e i terreni inquinati sulle coltivazioni piuttosto che dallo smog che si deposita, e che almeno in parte si può eliminare lavando con cura ciò che si mangia” ha affermato. “E poi bisogna vedere se i metalli pesanti sono la conseguenza dello smog o delle sostanze assorbite dal terreno, o dalle falde acquifere, e questo è un problema che riguarda anche l’agricoltura tradizionale purtroppo. Uno studio dell’ISPRA ha evidenziato come nel 70% delle acque sul territorio nazionale si sia riscontrata la presenza di pesticidi. Per non parlare dei troppi casi in cui la campagna è il luogo prediletto per interrare rifiuti, come denunciamo da anni con Ecomafie. Ma poi c’è una considerazione importante da fare: le piante servono anche a contrastare l’inquinamento atmosferico, ed è anche per questo che noi sosteniamo gli orti urbani: migliorano la vita, l’aria e l’ambiente. Direi che dovremmo soprattutto cercare di fare in modo che le città siano meno inquinate, perché oltre agli orti quella stessa aria la respiriamo anche noi, e i danni lì sono provati. Insomma, invece di chiederci se sia il caso di coltivare in città, impegnamoci per avere delle città in cui non si ponga il problema!”.

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