Staminali: braccio di ferro sul metodo di Vannoni
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“Se il ministro Lorenzin vuole dare seguito a quanto deciso dalle Camere dovrà fornire a Stamina garanzie maggiori di obiettività della sperimentazione”. Lo scrive su Facebook Davide Vannoni, replicando alle polemiche seguite dalla sostanziale bocciatura su Nature del metodo Stamina. Vannoni scrive che “Nature, nella speranza di far fare brutta figura ad una fondazione onlus italiana, sta scadendo e facendo solo politica di basso livello”con argomentazioni “che sfiorano il patetico”. Se il ministro ritiene di dare seguito a tali argomentazioni, aggiunge Vannoni “chiediamo che ne dia comunicazione immediata, in modo da non farci perdere più tempo, in funzione, soprattutto, delle centinaia di persone che a Brescia attendono di essere trattate con la metodica Stamina e che, nonostante queste maccheroniche opinioni, è già una realtà terapeutica per centinaia di persone”. Poi Vannoni detta le sue regole. Chiede, per poter avviare la sperimentazione che “la standardizzazione che stiamo facendo della metodica non venga in alcun modo modificata; spetti a Stamina la scelta delle tre patologie su cui fare la sperimentazione (suggeriamo Sla, paresi cerebrale infantile ed una malattia degenerativa non neurologica); venga individuato un solo laboratorio per la produzione cellulare in cui i nostri biologi possano controllare la produzione; vengano individuati al massimo due centri per le applicazioni cliniche e le valutazioni che siano in prossimità del centro di produzione; venga nominata una CRO (organismo di controllo internazionale super partes) che certifichi tutti i dati ottenuti e l’applicazione della buona pratica clinica”.
Ma dopo l’articolo pubblicato su Nature, alcuni fra i massimi esperti di cellule staminali continuano a parlare di frode scientifica. Per Michele De Luca, direttore del Centro di Medicina Rigenerativa ‘Stefano Ferrari’ dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Nature ha fornito la prova formale di una frode scientifica. Per Elena Cattaneo, direttrice del Laboratorio cellule staminali dell’università di Milano “emerge ciò che sembra proprio una frode scientifica”. Cancellare la sperimentazione sul metodo Stamina e denunciare il suo ideatore Davide Vannoni per truffa ai danni dello Stato. E’ l’appello dell’Associazione Luca Coscioni, dopo la stroncatura della rivista Nature per il controverso metodo terapeutico a base di staminali mesenchimali. “Chiediamo al Ministero della Salute – sottolinea l’associazione – di interrompere immediatamente ogni rapporto con Vannoni & Co e denunciarli alla magistratura per il reato di truffa ai danni dello Stato; sciogliere la commissione e cancellare la sperimentazione, e illustrare in Parlamento i motivi della decisione; istituire una commissione di inchiesta per stabilire se qualche consulente del Ministro abbia agito come portatore di interessi personali o di altri privati, inducendo il Ministero e il Parlamento ad assumere decisioni che hanno esposto il Paese al ridicolo internazionale”.
Nella ricostruzione della storia del cosiddetto Metodo Stamina pubblicata dalla rivista Nature gli esperti vedono gli estremi di una realtà che va ben oltre il plagio, sconfinando in quella che sembrerebbe una frode scientifica. La chiave è in due immagini pubblicate nel 2003 e nel 2006 dal gruppo russo-ucraino coordinato da Elena Schegelskaya, dell’università Kharkov e riprodotte, identiche, nella domanda di brevetto presentata dalla Fondazione Stamina all’Ufficio brevetti degli Stati Uniti e unico documento presentato come la base del Metodo Stamina. In entrambi i casi le immagini sono state utilizzate come dimostrazione della possibilità di trasformare in cellule nervose le cellule immature del modello osseo (mesenchimali), note per generare ossa, pelle e cartilagine. La foto dell’articolo originale pubblicata nel 2003 dal gruppo russo-ucraino mostra cellule trattate con acido retinoico ad una determinata concentrazione per alcuni giorni; nella domanda di brevetto presentata da Vannoni viene utilizzata la stessa foto, con l’indicazione che si tratta di cellule trattate con acido retinoico ad una concentrazione dieci volte superiore rispetto a quella indicata dal gruppo russo-ucraino e per una durata di due ore. La seconda foto era stata pubblicata nel 2006 dallo stesso gruppo di ricerca russo-ucraino in una rivista in lingua russa. “Anche questa foto è stata fornita, nella domanda di brevetto presentata da Stamina, come un’ulteriore prova della capacità delle cellule mesenchimali in neuroblasti”, osserva Elena Cattaneo. Nell’articolo originale la foto era a colori, mentre nella domanda di brevetto presentata da Stamina è in bianco e nero, “ma la foto – rileva la ricercatrice – è evidentemente la stessa”.