«Perché vogliamo creare più posti di lavoro? Perché le persone abbiano i soldi per vivere. Ma se lo scopo è questo, esse potrebbero anche scavare buche nella terra e poi riempirle, come disse con una battuta l’economista John Maynard Keynes. […] Non posso evitare di rimarcare l’inutilità dei piani economici che tentano di creare più “posti di lavoro” come se avessimo bisogno di più beni e servizi»: l’intervento di
Charles Eisenstein sul
numero di settembre della rivista Terra Nuova.
«È evidente che abbiamo i mezzi per crescere meno, lavorare meno e dedicare le nostre energie ad altre cose, e ci troviamo nella necessità di farlo. È il momento di mantenere la vecchia promessa del sistema industriale: che la tecnologia consentirà una drastica riduzione della settimana lavorativa e inaugurerà «un’età del tempo libero» o dello svago. Sfortunatamente il termine “svago” presenta connotazioni di frivolezza e dissipazione che sono incompatibili con i bisogni urgenti del Pianeta e dei suoi abitanti in questo passaggio d’epoca – scrive Eisenstein – C’è una gran quantità di lavoro da fare, lavoro importante, che si concilia con la decrescita perché non produce necessariamente prodotti vendibili. Ci sono foreste da ripiantare, persone malate da assistere e un intero Pianeta da risanare. Credo che saremo molto occupati. Avremo un gran daffare impegnandoci in cose dal significato profondo, che non dovranno più affermarsi lottando controcorrente, contro il flusso del denaro e l’imperativo della crescita».
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