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Salute del terreno: la prova della vanga

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Osservare il suolo permette di capirne lo stato di salute e in proposito si può fare la cosiddetta "prova della vanga", come consiglia Paolo Pistis per Demeter.

Salute del terreno: la prova della vanga

Osservare il suolo permette di capirne lo stato di salute e in proposito si può fare la cosiddetta “prova della vanga”, come consiglia Paolo Pistis per Demeter.

«Possiamo eseguire la prova della vanga preferibilmente tre volte all’anno: alla fine dell’inverno, nell’estate e nell’autunno. In questo modo possiamo cogliere i cambiamenti durante le stagioni. La prova andrà poi ripetuta negli anni confrontando quanto osservato di volta in volta – scrive Pistis – Scegliamo una vanga stretta e lunga, comoda per noi e che conosciamo bene. Quando decidiamo di farlo osserviamo anche i terreni di altre aziende agricole, sia quelli molto fertili, sia quelli poveri prima di avvicinarci al nostro terreno e fare i primi rilievi. È importante non avere fretta e fare questa prova in un momento tranquillo, come per esempio la domenica mattina, quando ancora tutti dormono e i nostri pensieri non sono rivolti alla produttività, ma alla qualità del lavoro».

«Si appoggia il piede sulla vanga, si calca gradatamente il piede e si percepisce la forza che ci oppone il terreno. Più è duro e più sarà difficile che le radici crescano – prosegue Pistis – Quando la vanga è totalmente immersa nella terra, si piega lentamente il manico e si ascolta il suono delle radici che si spezzano e del terreno che si apre. Percepiamo se il movimento è morbido o avviene a scatti. Osserviamo con attenzione le pareti interne del tassello, quelle che non hanno subito la pressione dalla vanga. Osserviamo la cavità, il colore, la lucentezza, le ombre, i riflessi e in particolar modo la struttura, se ha una forma glomerulare o compatta».

«Un terreno fertile presenta una struttura glomerulare uniforme, scura e lucente per tutto il profilo della zolla. Se invece la terra si stacca a fette è il segno di costipazione – prosegue ancora Pistis – Osserviamo ora lo sviluppo delle radici: devono avere la punta bianca e non brunastra e tessitura radicale fitta con tante diramazioni secondarie. Guardiamo la stratificazione del profilo per capire l’esito delle concimazioni passate e se la sostanza organica è stata trasformata, come per esempio i residui delle potature in un frutteto che dovrebbero essersi decomposti. Ora passiamo alla percezione tattile e introduciamo le dita nella zolla. Sentiamo la resistenza, la plasticità, la consistenza, poi pigiamo la terra con il pugno ed osserviamo come si modella. Qui vedremo il risultato degli attrezzi usati in passato. Passiamo poi alle nostre considerazioni olfattive. Gli odori forti, piacevoli, riluttanti, morbidi, acidi, alcalini, di fungo, di marcio o di sottobosco parleranno del corpo vitale del nostro terreno. Nel passato la terra veniva perfino assaggiata, per sapere se era dolce, acida, alcalina o salata. Oggi è sconsigliato farlo, piuttosto facciamo delle analisi chimiche in laboratorio».

Pistis indica poi: «Alziamo ora la zolla sulla vanga fino all’altezza del bacino, sentiamo il suo peso, e di colpo rovesciamola facendo cadere a terra. Ascoltiamo il suo tonfo, il suono, osserviamo come si sgretola e come si dispongono i pezzettini di terra. Capiremo se è in tempera, quanta energia occorrerà per lavorarla e quanta acqua assorbirà nelle irrigazioni. Richiudiamo il nostro tassello con cura, l’operazione è terminata. Annotiamo le nostre osservazioni e cataloghiamo le fotografie fatte che saranno entrambi molto utili per i confronti dell’anno successivo. L’agricoltore biodinamico, che segue con diligenza e serietà le linee guida della Associazione Demeter, sa che se cura e osserva con diligenza il proprio suolo avrà grandi soddisfazioni».

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