A fuoco lento: l’editoriale di dicembre
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«Per ritrovare un senso profondo nel nostro rapporto con il cibo, occorre restituirgli la sua dimensione sacra, liberandolo dalle trappole del consumismo e della fretta»: l'editoriale di dicembre del direttore di Terra Nuova.
di Nicholas Bawtree, direttore di Terra Nuova
Mai come oggi si parla di cibo e salute. Ovunque risuona il mantra del “mangiar sano”, ma spesso dietro questa attenzione si nasconde un pensiero riduttivo: quello di un corpo da mantenere efficiente, di un io da proteggere. Il cibo diventa una formula chimica, la cucina un laboratorio. Eppure il cibo non è mai stato solo nutrimento fisico. È linguaggio, gesto, relazione. È ciò che ci lega alla terra, agli altri, al mistero della vita. Per ritrovare un senso profondo nel nostro rapporto con il cibo, occorre restituirgli la sua dimensione sacra, liberandolo dalle trappole del consumismo e della fretta.
Cucinare può tornare a essere un atto d’amore e di conoscenza. Non si tratta solo di scegliere ingredienti sani e rispettosi degli animali, ma di riconoscere in essi un dono. La qualità di un piatto non dipende solo dalla freschezza o dal valore nutrizionale, ma anche dallo stato d’animo con cui lo prepariamo. Se cuciniamo di fretta o distratti, anche il cibo si fa pesante. Se lo facciamo con presenza e gratitudine, ogni piatto diventa un’offerta di armonia.
Un tempo l’essere umano cucinava come si prega: con lentezza, con attenzione, con rispetto. Oggi il ritmo moderno ci priva di quel tempo prezioso. Mangiamo davanti a uno schermo, in silenzio, mentre la cucina – un tempo cuore pulsante della casa – si riduce a un luogo di passaggio. Eppure è proprio lì, tra taglieri e mestoli, che possiamo ritrovare la nostra parte più viva. Pelare una verdura, impastare il pane, mescolare una zuppa: sono gesti semplici che, se vissuti con consapevolezza, diventano meditazione. E poi c’è la tavola, il luogo dove il cibo diventa incontro. Una tavola senza schermi, dove si ascolta e si condivide. Un luogo in cui ci si nutre non solo di sapori ma di sguardi, di parole, di presenza. Quando il pasto torna a essere un momento di convivialità vera, il cibo si fa linguaggio dell’anima: ci ricorda che siamo parte di qualcosa di più grande.
Ritrovare questa sacralità è anche un atto ecologico. Chi riconosce il valore del cibo non può accettare che venga sprecato o prodotto infliggendo dolore. Ogni scelta consapevole – un ortaggio locale, un ingrediente cruelty free, un tempo dedicato alla cura – è parte di un equilibrio più ampio che ci sostiene e ci unisce. Forse è tutto qui, in fondo. Nel calore di una cucina accesa, nel profumo che riempie la casa, in una tavola semplice dove qualcuno attende. In quel momento, senza bisogno di grandi parole, sentiamo che il cibo non nutre solo il corpo: ci ricorda chi siamo, e ci riporta a casa.
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