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I giapponesi si ribellano alle tentazioni nucleari

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A differenza di quanto aveva assicurato fino a pochi mesi fa,il primo ministro giapponese ora non è più intenzionato a chiudere le centrali nucleari. Ma i giapponesi si ribellano e intanto hanno avviato una causa collettiva per i risarcimento del disastro di Fukushima.
A differenza di quanto aveva assicurato fino a pochi mesi fa,il primo ministro giapponese ora non è più intenzionato a chiudere le centrali nucleari. Nel settembre scorso, il governo aveva presentato una strategia a lungo termine per lo stop definitivo ai reattori nucleari in giappone, previsto non prima del 2030. Una prospettiva già allarmante per la popolazione, alle prese quotidianamente con gli effetti del disastro. Ma la sorpresa più amara è arrivata dopo le elezioni di dicembre: nonostante il 70% dei cittadini nipponici voglia fare a meno del nucleare, il nuovo primo ministro Shinzo Abe si è dichiarato più volte intenzionato a proseguire con l’energia atomica, rimettendo in funzione altri reattori (oggi ne sono stati riattivati solo due su 50, gli unici in grado di resistere agli stress test) e costruendone di nuovi.
I giapponesi non stanno a guardare:circa 800 persone hanno iniziato un’azione legale collettiva contro il governo e la compagnia elettrica Tepco, che gestiva l’impianto di Fukushima, per chiedere un risarcimento di 50.000 Yen (circa 520 dollari) al mese fino al completo risanamento dell’area colpita.Oggi 160.000 persone sono ancora costrette a vivere lontano da casa a causa delle radiazioni, mentre il bilancio finale del disastro conta quasi 16.000 vittime e più di 2.600 dispersi. I querelanti potranno vincere la causa, ma la battaglia per l’addio all’atomo nucleare in giappone sarà molto più lunga e, viste le posizioni del governo, estremamente complicata. Il governo giapponese non è l’unico, tuttavia, ad avere la memoria corta: secondo un sondaggio dell’Istituto Francese dell’Opinione Pubblica, apparso sul settimanaleDimanche Ouest,il 42% dei cittadini d’Oltralpe si dice preoccupato dalle centrali nucleari esistenti nel Paese. Una percentuale significativa, ma sensibilmente in calo rispetto a due anni fa, quando,due settimane dopo il disastro di Fukushima, era il 56% degli intervistati ad avere gli stessi timori. Inoltre, c’è ancora oggi una parte della popolazione che, nonostante la paura, rimane a favore dell’energia atomica: il 54%, infatti, ritiene che occorra mantenere le centrali nucleari perché garantiscono l’indipendenza energetica del Paese, contro un 46% che vorrebbe invece che la presenza dell’atomo nel mix energetico venisse ridotta a causa dei rischi per la sicurezza.
Per ora la Germania, invece, continua nel suo percorso per spegnere l’ultimo reattore nel 2022. A fine dicembre, il commissario europeo all’EnergiaGuenther Oettingeraveva affermato che “tra quarant’anni ci sarà ancora dell’energia di origine nucleare nella rete elettrica tedesca”, senza escludere neppure la possibilità di costruzione di nuove centrali, in particolare grazie ai progressi delle ricerche sulla fusione. Ma subito era arrivata la secca smentita di Berlino: “Non vedo alcune possibilità per una rinascita dell’energia nucleare in Germania”, aveva replicato il ministro dell’AmbientePeter Altmaier.
Ma se governanti e lobby economiche dimenticano i rischi in favore dei propri interessi, l’ambiente ha la memoria molto più lunga. La vicenda dei 27 cinghiali della Valsesia, nel nord del Piemonte, contaminati dal Cesio 137, danno bene l’idea dicome le tracce di un disastro nucleare possano sopravvivere a migliaia di chilometri di distanza, e dopo decine di anni da un’esplosione. Gli esperti sono infatti concordi nel ritenere che la presenza della sostanza radioattiva nei corpi degli animali uccisi durante la scorsa stagione di caccia, e di conseguenza nel terreno, nelle piante e quasi sicuramente in altri animali, sia da attribuire all’incidente di Chernobyl. La Valsesia fu infatti una delle aree più colpite dalle piogge intense che caratterizzarono nel 1986 i giorni successivi all’esplosione. E dal Piemonte, denuncia Legambiente, stanotte dovrebbe essere passato “nella totale assenza di comunicazioni ufficiali da parte dei sindaci e delle prefetture”,un treno carico di scorie nucleari diretto in Francia. Sono gli scarti prodotti dalla breve stagione atomica italiana e, in mancanza di un deposito nazionale definitivo, vengono spostati e trattati per ridurne la radioattività. Anche questi rifiuti, nonostante risulti meno probabile, potrebbero essere all’origine della contaminazione dei cinghiali. 
Fonte: La Stampa

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