Sono sette le persone destinatarie di provvedimento cautelare nell’ambito dell’inchiesta sull’Ilva per associazione a delinquere, disastro ambientale e concussione. E lo stabilimento annuncia la chiusura.
Sono sette le persone destinatarie di provvedimento cautelare emesso dal Tribunale di Taranto nell’ambito dell’inchiesta sull’Ilva. Tre persone sono in carcere e quattro agli arresti domiciliari, accusate a vario titolo di associazione per delinquere, disastro ambientale e concussione. Gli arresti vengono eseguiti dalla Guardia di Finanza sulla base di due ordinanze di custodia cautelare firmate dai Gip Patrizia Todisco e Vilma Gilli. I provvedimenti sono legati anche ad una inchiesta, parallela a quella per disastro ambientale che il 26 luglio scorso ha portato al sequestro degli impianti dell’area a caldo del Siderurgico. Questa inchiesta parallela è stata denominata ‘Environment Sold Out’ (Ambiente svenduto). C’è anche Fabio Riva, vicepresidente di Riva Group, tra i destinatari delle sette ordinanze di custodia cautelare: è il figlio del patron dell’Ilva, Emilio, ai domiciliari dal 26 luglio. Tra gli arrestati c’è l’ex dirigente dell’Ilva per i rapporti istituzionali Girolamo Archinà, che è stato trasferito in carcere. Archinà era stato ‘licenziato’ tre mesi fa dall’azienda dopo che, all’inchiesta per disastro ambientale, era emerso un episodio di presunta corruzione che coinvolgeva l’ex rettore del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti, al quale Archinà avrebbe consegnato una busta contenente la somma di 10mila euro in cambio di una perizia addomesticata sull’inquinamento dell’Ilva. Anche Liberti è destinatario di un provvedimento di arresto.Il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, è indagato nell’ambito delle inchieste tarantine per “inosservanza delle precedenti disposizioni dell’autorità giudiziaria”. Indagato per lo steso reato l’attuale direttore dello stabilimento tarantino, Adolfo Buffo. Entrambi hanno ricevuto informazioni di garanzia dalla procura. “E’ una ventata di legalità. Attendevamo un sussulto di giustizia ed è finalmente arrivato. A Taranto la cupola del malaffare ambientale comincia a crollare, colpo su colpo”. Lo sottolinea Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink Taranto.
Intanto chiude la fabbrica, ma i lavoratori continuano a chiedere di tornare al lavoro: “E’ solo un ricatto”, dicono.
Fonte: Ansa