Le foreste sono collettive, lo Stato non può venderle
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La rete indigena AMAN, che rappresenta i popoli indigeni di tutto l’arcipelago indonesiano, si sono rivolti alla Corte Costituzionale e ora le sentenza riguarda circa 40 milioni di ettari di foreste, pari al 30 per cento del patrimonio statale. “Circa 40 milioni di indigeni sono ora da considerarsi i legittimi proprietari delle foreste tradizionali”, ha commentato Abdon Nababanm, di AMAN. “Questo è un cambiamento cruciale per i popoli indigeni della repubblica, una decisione che restituisce un senso di identità nazionale per le popolazioni indigena, ormai all’orlo della disperazione”. Si tratta di un’affermazione di quelli che da noi si chiamano usi civici, secondo la legge del 1927.
La sentenza colpisce in particolare il Ministero delle Foreste, che ha usato la le foreste come merce di scambio per contrattazioni politiche. E proprio dal Ministero vengono segnali di ridimensionamento della sentenza, lasciando intendere che ci vorranno molti anni prima che la sentenza possa essere pienamente applicata.
Martua Sirait, ricercatore del Centro Internazionale per la Ricerca in Agroforestale (ICRAF), ha convenuto che i prossimi passi saranno complessi. “Non è ancora chiaro ancora come sarà risolto conflitto tra le comunità tradizionali e le imprese che hanno ottenuto permessi dal Ministero delle Foreste o dalle autorità locali”, ha spiegato Martua Mongabay.com. “Ma la decisione del tribunale ha rafforzato la comunità consuetudine nelle mediazioni e permette di portare il caso di fronte a una corte. Quanto meno la resistenza delle comunità tradizionali non sarà criminalizzata a priori”. “Inoltre, il Ministero delle Foreste potrà rilasciare permessi in su territori classificati comeproprietà privata o consuetudinaria, senza il preventivo e libero consenso della popolazione. Questo dovrà anche cambiare le modalità di gestione in molte aree di conservazione, coinvolgendo le comunità tradizionali”. Martua aggiunto che la decisione potrebbe ridurre i conflitti sociali in Indonesia. Secondo il Consiglio Nazionale delle Foreste, i conflitti per la gestione forestale attualmente coinvolgono circa 20.000 villaggi in 33 province in tutta l’Indonesia, e mettono in discussione i diritti di proprietà di oltre 1,2 milioni di ettari.
La decisione del tribunale è stata salutata da ambientalisti e gruppi per i diritti indigeni. “Per più di 40 anni, i popoli indigeni di Indonesia sono stati emarginati, impoveriti e criminalizzati proprio perché il governo rifiutava di riconoscere il loro diritti tradizionali, dando vita a continui conflitti sulla terra”, ha dichiarato Mardi Minangsari, dell’Environmental Investigation Agency (EIA).
Indonesia ha uno dei più alti tassi di deforestazione nel mondo. Le attività industriali – in particolare il prelievo di legname, la conversione delle foreste in piantagioni di acacia o olio di palma, l’espansione delle miniere – sono una delle principali cause della deforestazione, soprattutto nel Borneo (Kalimantan), a Sumatra, e a Papua Occidentale (la provincia indonesiana nell’isola della Nuova Guinea). Il controllo comunitario dei terreni è stato negli ultimi anni associato a una progressiva ripresa delle foreste, come nel caso dell’isola di Giava – dove le foreste comunitarie sono in rapida espansione – assieme alle aree di foresta.