Olimpiadi sostenibili: ma è vero?
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Per lo svolgimento delle gare, il Comitato organizzatore ( Locog) ha cercato di utilizzare strutture già esistenti come il tempio di Wimbledon per il tennis e Earls Court per la pallavolo. Per la pallacanestro, la pallamano e il rugby in carrozzina è stata costruita la Basketball Arena, un impianto temporaneo che al termine delle Paralimpiadi (9 settembre) verrà smantellato per essere riassemblato, con molta probabilità, a Rio de Janeiro per le Olimpiadi del 2016. Infine per gli impianti costruiti in via definitiva, come lo stadio olimpico, si è cercato di utilizzare materiali sostenibili e capaci di garantire efficienza. Le nuove strutture sono state costruite per il 90% usando le macerie dei palazzi demoliti di cui hanno presso il posto.
Nelle intenzioni degli organizzatori, le Olimpiadi di Londra dovevano essere all’insegna della mobilità sostenibile. Per questo è stato creato un programma (London active travel programme) che prevede incentivi all’utilizzo di trasporti pubblici, biciclette e percorsi pedonali guidati.
Un altro obiettivo del Locog è quello di far diventare Giochi della XXX olimpiade a “rifiuti zero”. Ogni anno la Gran Bretagna produce una quantità di immondizia in grado di riempire 79mila piscine olimpioniche. Per questo, l’amministrazione londinese ha deciso di usare l’evento come un’occasione per sperimentare un nuovo sistema di smaltimento. La speranza è arrivare a riciclare o compostare almeno il 70% delle 8mila tonnellate di rifiuti che verranno generate. Per questo, tutti i prodotti, cibi e bevande venduti all’interno del villaggio olimpico saranno contenuti in imballaggi riciclabili o compostabili. Solo ciò che non rientra in questa categoria verrà bruciato per produrre energia.
Cibi e bevande. È da questo aspetto che iniziano a sorgere i primi problemi. Da quando, alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984, è stato chiesto aiuto per la prima volta agli sponsor privati per far fronte alle spese diventate insostenibili, niente fu più come prima. Secondo quanto affermato da Jean-Marc Faure, professore emerito dell’università di Nantes, su Valori (luglio/agosto 2012) “il Comitato internazionale olimpico (Cio) si è trasformato in un’enorme impresa commerciale, composta da dirigenti sportivi e rappresentanti di multinazionali che controllano le vendite dei diritti di trasmissione e la scelta delle città olimpiche”. McDonald’s ha avuto il monopolio sulla vendita di patatine fritte. La catena multinazionale di junk food più famosa al mondo è uno degli sponsor principali di questa edizione. Durante le Olimpiadi non si potranno mangiare chips senza la “m” gialla a meno che non siano accompagnate dal fish, che insieme rappresentano uno dei piatti preferiti dagli inglesi. Stessa regola per le bevande al gusto cola che non potranno essere sorseggiate senza “Coca” stampato sulla lattina. Una sconfitta per molti. Soprattutto per chi sperava in un cambiamento e aveva già definito quelle di Londra, le Olimpiadi più sostenibili di sempre. Un risultato solo posticipato. Rio de Janeiro avrà il compito di replicare tutto ciò che di buono è stato fatto e quattro anni di tempo per correggere gli errori fatti. Perché la sostenibilità non è solo ambientale.