Fare comunità intorno al cibo e rendere il cibo sano accessibile a tutti: una rivoluzione non solo possibile ma praticabile da subito! Ve lo spieghiamo sul numero estivo della rivista Terra Nuova.
Fare comunità intorno al cibo e rendere il cibo sano accessibile a tutti: una rivoluzione non solo possibile ma praticabile da subito! Ve lo spieghiamo sul numero estivo della rivista Terra Nuova, grazie al dossier del Centro Nuovo Modello di Sviluppo.
«Dopo aver saccheggiato il Pianeta in preda all’ubriacatura del “sempre di più”, stiamo lentamente capendo che, se vogliamo garantirci un futuro, dobbiamo cambiare regime»: lo spiega appunto il Centro Nuovo Modello di Sviluppo nel suo rapporto.
«Fondamentalmente dobbiamo accettare di consumare di meno e produrre in maniera più rispettosa dei cicli naturali – scrivono dal CNMS – Due regole che valgono ancor di più in ambito agricolo, con- siderato che in questo settore gran parte del lavoro è svolto dalla natura. Ma sarebbe un errore pensare che il passaggio dall’agricoltura industriale a quella naturale richieda solo un cambiamento di tecniche produttive. Le ricadute sui livelli produttivi e sui prezzi richiedono anche cambiamenti di tipo sociale, in modo da evitare contraccolpi ai consumatori con meno soldi e ai produttori più fragili. Questo è il tema di cui ci occupiamo».
L’agricoltura industriale guidata dal profitto non produce cibo per la vita di tutti, ma merci per l’arricchimento di pochi
Nella logica del profitto a ogni costo, cosa produrre, come e per chi, conta poco
L’agricoltura industriale è figlia della nostra superbia, del mito della nostra superiorità, che ha cominciato a strutturarsi attorno al XVIo secolo, quando abbiamo esaltato la nostra intelligenza e il nostro saper fare
E nel rapporto si individuano cinque possibili soluzioni: nel modo di procurarci il cibo, nel modo di alimentarci, nei rapporti tra produttori e consumatori, nei rapporti fra gli stessi produttori, nel ruolo giocato dallo Stato.
Ce ne parla Gabriele Bindi, giornalista di Terra Nuova.
Da un lato un ecosistema globale sofferente, dall’altro persone sempre più malate. Il lavoro di Vandana Shiva e Navdanya International rimette insieme queste due realtà, svelando le dinamiche di un sistema agroindustriale che ci impone un cibo tossico mentre devasta il Pianeta. La buona notizia? Che scegliendo con cura quello che mangiamo possiamo guarire insieme noi stessi e la Terra.
Scopriamo, insieme all’esperta Mara Zambelli, come coltivare fiori bio e sostenibili e come progettare e organizzare al meglio una vera e propria flower farm, ricca di colori e profumi, evitando completamente l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi.
Il declino degli impollinatori minaccia ecosistemi, agricoltura e biodiversità. Tra pesticidi, monocolture e cambiamenti climatici, le api stanno scomparendo. Ma c’è chi si impegna a invertire la rotta.
Negli ultimi tempi gli abbattimenti degli alberi hanno avuto un’accelerazione, per le cause più diverse: presunti rischi per la sicurezza, cementificazione, errori nella valutazione delle misure precauzionali per alluvioni e incendi. Una tendenza da contrastare. E i cittadini possono fare la loro parte.
Da un lato un ecosistema globale sofferente, dall’altro persone sempre più malate. Il lavoro di Vandana Shiva e Navdanya International rimette insieme queste due realtà, svelando le dinamiche di un sistema agroindustriale che ci impone un cibo tossico mentre devasta il Pianeta. La buona notizia? Che scegliendo con cura quello che mangiamo possiamo guarire insieme noi stessi e la Terra.
Scopriamo, insieme all’esperta Mara Zambelli, come coltivare fiori bio e sostenibili e come progettare e organizzare al meglio una vera e propria flower farm, ricca di colori e profumi, evitando completamente l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi.
Il declino degli impollinatori minaccia ecosistemi, agricoltura e biodiversità. Tra pesticidi, monocolture e cambiamenti climatici, le api stanno scomparendo. Ma c’è chi si impegna a invertire la rotta.
Negli ultimi tempi gli abbattimenti degli alberi hanno avuto un’accelerazione, per le cause più diverse: presunti rischi per la sicurezza, cementificazione, errori nella valutazione delle misure precauzionali per alluvioni e incendi. Una tendenza da contrastare. E i cittadini possono fare la loro parte.
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