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Non c’è crisi per le spese militari

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Pochi giorni prima del varo della “Legge di stabilità” contenere gli ennesimi tagli al welfare e in particolare all’istruzione e alla sanità, è arrivato il sì del governo Usa per la vendita al nostro Paese di due droni Predator e relativo equipaggiamento (156 missili Hellfire e 50 bombe laser GBU), per una spesa complessiva di 129 milioni di dollari…
Se è vero che si tratta di un ordine di acquisto risalente al 2012, è altrettanto vero che mentre negli ultimi anni la scure dei tagli alla spesa pubblica si è abbattuta senza clemenza su gran parte dei servizi pubblici, le spese militari sono rimaste nel tempo pressoché invariate.

Si tratta di circa 23 miliardi di euro l’anno, l’1.7% del Pil, di cui 5 destinati all’acquisto di nuovi armamenti.

In tempi di grandi tagli e austerità, siamo così al 12° posto al mondo per spese militari, ma ultimi in classifica tra i paesi Ocse per la spesa per la scuola, ferma al 4.6% del Pil, l’università e la ricerca, dove l’Italia investe appena l’1%.
Eppure, come afferma il Codacons in un recente documento pubblicato in occasione della settimana del disarmo, ci sarebbe tanto da tagliare nel settore delle spese militari.
Oltre ai recenti aerei senza pilota, di prossimo acquisto, c’è l’annosa vicenda degli F-35, i più costosi caccia dalla storia dell’aviazione: ognuno di questi velivoli costa all’erario da 111 a 200 milioni di euro (il prezzo esatto non è ancora noto) e nonostante la sospensione decretata dal Parlamento sembra che il governo italiano si appresti ad acquistarne altri quattro oltre ai 10 già presenti nella nostra flotta.
A questi va aggiunta la gloriosa portaerei Cavour, nave ammiraglia entrata in servizio nel 2009, il cui solo mantenimento ci costa circa 200.000 euro al giorno.
C’è poi l’eccezione tutta italiana di una forza armata dove i comandanti sono più dei comandati: 94 mila ufficiali e sottufficiali, contro 83.400 uomini di truppa.

Tra esercito, marina e aeronautica assicuriamo ogni mese lo stipendio a 425 generali di comando che comandano 178 mila militari.

Negli Stati Uniti sono in 900, ma guidano una forza armata dieci volte più numerosa di quella italiana.
Un pò troppo per i tempi di magra e soprattutto tempi di pace. E certo la resistenza a tagliare la spesa militare non può essere giustificata dalle continue minacce che provengono dall’Isis.

Il terrorismo non si combatte né con i droni, né con le portaerei. La pace si tutela riempiendo i granai e le scuole, non gli arsenali.

Editoriale tratto dal mensile Terra Nuova Dicembre 2015.

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