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A Carrara distruzione e malaffare

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Carrara con il suo marmo assomiglia sempre più a Taranto con l’Ilva. Il materiale non viene più lavorato in loco e viene venduto al nero direttamente in cava, come ha scoperto un blitz della Guardia di Finanza. I comitati cittadini hanno contro gli operai…
A Carrara da anni si assiste a uno dei più grandi scempi ambientali, regolarmente taciuto dai media, che si nutre con la connivenza del mondo politico di destra e di sinistra. Milioni di tonnellate di marmo vengono strappate dalle montagne care a Michelangelo nel nome del profitto con l’aggravante di finire come ingrediente per dentifrici o per prodotti edili. Sappiamo che la forza distruttrice che imperversa su queste montagne, care a Michelangelo, si alimenta con soldi sporchi, che non fanno bene né all’ambiente né all’economia locale.
In questi giorni la questione è venuta alla ribalta. La Guardia di Finanza ha scoperto un traffico illecito di denaro sulle Alpi Apuane, fermando diverse persone con valige zeppe di soldi. Cose che tutti sapevano. L’oro bianco, il pregiatissimo marmo di Carrara viene acquistato al nero per finire in Cina o in India, dove la manodopera costa meno. Alla faccia di tutti i discorsi dei politici sulla lavorazione locale del marmo, sulla qualità di una filiera, sull’occupazione e le tradizioni secolari di queste valli
I comitati locali, supportati dagli ambientalisti, chiedono da tempo l’istituzione di un Osservatorio dei prezzi del marmo con un sistema di tracciabilità dei blocchi. Ma i politici si girano dall’altra parte. Gli affari degli industriali del lapideo sono sempre stati ben tutelati dai governanti locali, che fanno pagare concessioni ridicole agli impresari. A Carrara le cave appartengono di fatto al Comune, che però le amministra in modo assai poco trasparente concordando le tariffe con gli stessi imprenditori che fanno il bello e il cattivo tempo di tutto il distretto.
Forse però c’è un qualcosa di questa mentalità produttiva che ha contaminato anche le classi lavoratrici. Due giorni fa ero in visita alle cave di Colonnata e tornando verso il capoluogo mi sono imbattuto in una scritta su un muro che diceva così: Comitato=padroni. Una frase che mi ha fatto male. Paragonare gli interessi di chi difende la salute e i beni comuni con quelli di chi fa profitto senza scrupoli è davvero insopportabile. Una distorsione di questi anni, che ci fa capire quanto Carrara assomigli sempre di più a Taranto. E allora ho pensato quanto male fa questa retorica del lavoro ad ogni costo, questi epiteti di anarchismo di inizio novecento di cui Carrara ha ormai conservato solo il ricordo e un po’ di folklore. Cosa fanno gli anarchici oggi? Quale battaglia sostengono? Da che parte stanno? Possiamo ancora credere che basta un lavoro per essere felici? Un lavoro qualunque? E a quale costo?

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