E’ di qualche giorno fa la comparsa sui maggiori quotidiani nazionali di pagine di pubblicità con le quali l’Aidepi, che riunisce le industrie dolciarie, rassicura i consumatori sulla bontà e innocuità dell’olio di palma!
Pagando migliaia e migliaia di euro, l’
Aidepi ha pubblicato sui maggiori quotidiani nazionali (
La Repubblica, il Sole 24 Ore e il Corriere della Sera), la sua campagna pubblicitaria che difende a spada tratta l’olio di palma, la cui coltivazione è accusata di devastare le foreste e la cui salubrità è stata messa in discussione più volte. L’associazione delle industrie dolciarie, come specificato sul sito web, difende gli interessi degli associati, che in questo caso sono proprio le industrie alimentari che utilizzano come ingrediente l’olio di palma per i loro prodotti. La pubblicità sui quotidiani segue l’avvio della
campagna pubblicitaria avvenuto qualche mese fa per cercare di porre un freno alla protesta dei consumatori contro questo ingrediente, protesta che si trasforma naturalmente in boicottaggio dei prodotti che lo contengono. Appena partita la campagna dell’Aidepi (che ha pubblicato e fatto girare in rete e sui media un proprio documento dove sostiene che l’olio di palma fa bene alla salute e non distrugge le foreste), hanno iniziato a comparire su alcuni media anche interviste e articoli che rassicuravano i consumatori. Resta da capire quanto massicci siano stati gli investimenti economici di Aidepi nella campagna pro-olio di palma.
Questo ingrediente viene usato dalle aziende alimentari perchè permette di mantenere fragranti i prodotti e perché ha un costo molto ridotto rispetto ad altri grassi, come ad esempio il burro o oli più pregiati. Ci sono studi che sostengono come il consumo non sia salubre e ci sono poi le riflessioni da fare sull’impatto ambientale della coltivazione di palma da olio.
In un centinaio di anni, gli oranghi sono passati da 230.000 a meno di 50.000 esemplari ed esclusivamente nel Borneo e sull’isola di Sumatra; isole sulle quali, appunto, si è sviluppata l’industria dell’olio di palma. Negli ultimi 20 anni, decine di migliaia di oranghi sono stati uccisi, menomati o lasciati orfani a causa di queste coltivazioni. La
distruzione del loro habitat naturale e la conversione delle foreste in cui vivono in piantagioni sono le più grandi minacce per il futuro degli oranghi. Ma a soffrire per la devastazione dell’habitat sono anche altre specie minacciate, come rinoceronti, elefanti e tigri. Per non parlare delle popolazioni locali, spesso private delle terre e delle risorse primarie.
Inoltre, come spiegano gli esperti, la produzione dell’olio di palma ha anche avuto un impatto sul cambiamento climatico. Le coltivazioni delle palme in Indonesia e Malesia sono localizzate in
zone ricche di carbone e di terreno torboso, come le foreste tropicali. Per questo motivo, la deforestazione di queste aree per la conversione in piantagioni ha causato il rilascio nell’atmosfera di grandi quantità di gas che sono andati ad incrementare l’effetto serra.
Queste informazioni circolano sempre più e i consumatori stanno facendo scelte che fanno tremare le grandi industrie. “Due anni fa l’olio di palma non era un problema di cui molto persone si curavano, o comunque era tenuto nascosto dall’informazione di massa – dice Gemma Tillack di
Rainforest Action Network – Ma ora le cose sono cambiate”.
Resta però apertissimo il problema della certificazione della provenienza (si dice infatti che si vada verso la certificazione di sostenibilità e che molti produttori già l’abbiano). Secondo un’inchiesta del 2014 dell’ EIA,
Permitting Crime, la maggior parte dei coltivatori di olio di palma in Indonesia non fa nulla per mitigare l’impatto sociale e ambientale di questa attività.