Usb e Greenpeace: «PFAS nel sangue dei vigili del fuoco»
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Diffusi i dati sulla presenza di PFAS nei dispositivi di protezione individuali e nel sangue di 16 vigili del fuoco provenienti dai comandi di Catania, Padova, Verona, Alessandria, Genova e Pisa.
Diffusi i dati sulla presenza di PFAS (composti poli e perfluoroalchilici) nei dispositivi di protezione individuali e nel sangue di 16 vigili del fuoco provenienti dai comandi di Catania, Padova, Verona, Alessandria, Genova e Pisa: si evidenzia un quadro poco rassicurante circa l’esposizione sanitaria della categoria a questi pericolosi inquinanti. I dati sono frutto di un monitoraggio indipendente realizzato da USB in collaborazione con Greenpeace.
I dati sierologici (analisi sul siero estratto dal sangue) sono riferiti a 16 operatori che hanno effettuato gli esami all’ospedale Universitario di Aquisgrana (Aachen) in Germania. «Pur non evidenziando valori particolarmente elevati, i dati superano la prima soglia di rischio individuata dalla National Academy of Sciences e suggeriscono l’avvio di un biomonitoraggio periodico per il personale – spiegano Greenpeace e Usb – Oltre al PFOA (noto cancerogeno) e al PFOS (possibile cancerogeno), desta particolare preoccupazione la presenza nel siero di uno specifico composto, l’ADV che, in base a quanto noto, viene prodotto solo nello stabilimento ex Solvay, oggi Syensqo, di Alessandria. Anche i dati relativi ai dispositivi di protezione individuale dei Vigili del Fuoco italiani confermano la presenza di un’alta concentrazione di PFAS e di fluoro organico, un parametro che stima la presenza di tutti PFAS (ne esistono oltre 10 mila molecole) non misurabili singolarmente».
Alla luce di queste evidenze il coordinamento nazionale USB Vigili del Fuoco chiede «la mappatura dei siti contaminati da PFAS, l’analisi delle sedi di servizio e di tutte le attrezzature per la presenza di questi pericolosi inquinanti, la sorveglianza sanitaria degli operatori, un piano per l’eliminazione all’esposizione lavorativa attraverso una transizione PFAS-free nelle divise, nei dispositivi di protezione individuale e nelle schiume antincendio. Questi passi non sono più rinviabili e devono condurre al riconoscimento di categoria esposta e l’inserimento dei Vigili del Fuoco nei parametri INAIL per un effettivo archivio delle malattie professionali».
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