PAC: FederBio, WWF e Greenpeace bocciano la proposta di riforma
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FederBio, WWF e Greenpeace bocciano la proposta di riforma della PAC, la politica agricola della Ue 2028-2034, esprimendo un netto no al taglio dei fondi e definendola un grave passo indietro sul fonte della sostenibilità e della transizione verso modelli agroecologici.
FederBio, WWF e Greenpeace bocciano la proposta di riforma della PAC, la politica agricola della Ue 2028-2034, esprimendo un netto no al taglio dei fondi e definendola un grave passo indietro sul fonte della sostenibilità e della transizione verso modelli agroecologici .
«A suscitare grandi perplessità è la destinazione del bilancio esclusivamente al sostegno al reddito sotto forma di pagamenti a superficie, lasciando agli Stati membri il compito di finanziare le misure agroambientali» spiega FederBio che ribadisce «l’importanza di destinare in modo vincolante non meno del 30% dei fondi PAC ad ambiente, clima e benessere animale, per supportare un percorso chiaro e stabile verso la sostenibilità ambientale e la tutela dei servizi ecosistemici compresa l’agricoltura biologica».
«Riteniamo questa proposta sulla PAC un grave passo indietro sul fonte della sostenibilità e della transizione verso modelli agroecologici – sottolinea Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio – Oltre a un taglio dei fondi destinati alla PAC in una fase di grandi difficoltà per tutti gli agricoltori, la scelta di assegnare le risorse del bilancio esclusivamente ai pagamenti a superficie, non solo penalizza chi fa agricoltura biologica, ma è anche inadeguato per la valorizzazione del territorio rurale e delle aree interne e per rispondere alle sfide ambientali e sociali dei prossimi anni. Senza un chiaro orientamento alla sostenibilità si rischia che la PAC generi una pericolosa corsa al ribasso tra gli Stati Membri, con conseguenze gravi per la sovranità alimentare e un progressivo disimpegno dalle politiche ambientali. Le grandi difficoltà che stanno attraversando gli agricoltori vanno affrontate con approcci innovativi, come l’agroecologia, i sistemi locali di produzione e di consumo del cibo che mettano al centro agricoltori e cittadini. Puntare sull’agricoltura biologica offre benefici d’interesse collettivo come la tutela della salute e della biodiversità, una migliore redditività, favorisce l’occupazione femminile e il ricambio generazionale, rilanciando le aree rurali. Per questo chiediamo che i fondi PAC siano vincolati in modo chiaro alla protezione ambientale, alla lotta al cambiamento climatico e al benessere animale, a sostegno di un’autentica transizione ecologica. Senza un adeguato incentivo economico, la sostenibilità rischia di rimanere un’opzione marginale anziché diventare la scelta strategica per il futuro».
«La proposta di riforma della PAC presentata dalla Commissione UE prevede un budget di 300 miliardi con un taglio del 20%, resta un programma comune autonomo per i pagamenti diretti e gestione del rischio, ma una nazionalizzazione dello sviluppo rurale, una flessibilità “senza vincoli” che elimina impegni obbligatori per il clima e l’ambiente – spiega il WWF – In definitiva una futura PAC destinata a ridurre la produzione agroalimentare sostenibile. Un ritorno al passato di oltre 30 anni che ignora le crisi ambientali che penalizzano proprio l’agricoltura e premia la produzione che inquina suolo, acqua, aria e causa una riduzione irreversibile della biodiversità naturale. Senza benefici per i cittadini le risorse pubbliche destinate all’agricoltura sono giustificabili solo come pagamento per un consenso politico corporativo».
Per il WWF Italia la Commissione europea «sembra aver dimenticato le crisi climatiche e della biodiversità che stanno già causando vittime e costando milioni di euro, colpendo in particolare proprio l’agricoltura. Queste crisi sono aggravate dal modello dominante di agricoltura intensiva, che inquina le acque e l’aria, riduce la fertilità dei suoli e causa una crescente perdita di biodiversità. Se gli Stati membri otterranno il pieno controllo sulla distribuzione del denaro pubblico destinato all’agricoltura, senza vincoli di spesa per le misure ambientali, gli incentivi per la protezione della natura rischiano di ridursi notevolmente se non azzerarsi del tutto. Senza regole chiare sulla spesa e sui risultati, i governi potrebbero semplicemente soccombere alle pressioni delle corporazioni agricole e destinare i fondi essenzialmente a favore di sistemi agricoli ad elevato impatto ambientale».
I punti salienti della proposta
Ecco alcuni punti salienti della proposta della Commissione UE, spiegati dal WWF:
- Nessun finanziamento obbligatorio dedicato ai pagamenti ambientali: la Commissione concede agli Stati membri piena flessibilità nella definizione degli obiettivi di spesa per i pagamenti ambientali. Senza una chiara indicazione della spesa minima obbligatoria, le azioni agroambientali e climatiche saranno solo volontarie e diventeranno ancora più marginali e meno attraenti per gli agricoltori, che daranno priorità ai sistemi di produzione più dannosi per l’ambiente al fine di massimizzare le produzioni a breve termine.
- Nessuna richiesta di rendicontazione dei risultati: la maggiore flessibilità e autonomia concessa agli Stati membri non sarà accompagnata da un sistema di rendicontazione dei risultati raggiunti e linee guida chiare e vincolanti. Non esisteranno obiettivi concreti e misurabili per la tutela del clima e della natura. Gli Stati membri continueranno probabilmente a tergiversare sulla legislazione ambientale nel settore agricolo e non daranno priorità agli investimenti per la natura. Con questo livello di flessibilità e nessun reale impegno vincolante, anche i pochi risultati positivi raggiunti negli ultimi decenni per la tutela dell’ambiente rischiano di essere cancellati in nome della massima produttività e competitività.
- Limite massimo dei pagamenti diretti e degressività in base alla superficie agricola utilizzata: unica novità positiva della proposta della Commissione UE riguarda una più equa ripartizione dei pagamenti diretti. La riforma intende limitare i pagamenti diretti basati sugli ettari, che fino a oggi hanno premiato principalmente le grandi aziende agricole destinando l’80% delle risorse al 20% delle aziende. Maggiori fondi dovrebbero essere così destinati agli agricoltori che ne hanno più bisogno, come i giovani agricoltori e le piccole aziende agricole. Gli effetti di queste nuove regole dipenderanno però dalla discrezionalità lasciata agli Stati membri, anche la PAC attuale 2023-2027 prevedeva la possibilità di fissare un tetto massimo per i pagamenti diretti che non è stato però previsto dai Piani strategici nazionali.
- Pagamenti accoppiati alla produzione: la proposta della Commissione UE prevede l’aumento dal 13% al 20% delle risorse destinate ai pagamenti accoppiati, in particolare per la zootecnia e le colture proteiche destinate ai mangimi, con la possibilità per gli Stati membri di aumentare questi pagamenti diretti accoppiati alla produzione fino al 25% del budget. L’ennesimo regalo alla zootecnia intensiva non essendo previsti obiettivi di riduzione degli animali allevati o una maggiore sostenibilità.
- Condizionalità: la Commissione UE ha da tempo affermato che la futura PAC post 2027 sarebbe stata “meno incentrata sugli obblighi e più sugli incentivi” e le recenti semplificazioni della PAC 2023-2027 hanno già attuato questo principio riducendo essenzialmente gli impegni ambientali della condizionalità. Il nuovo “sistema di gestione responsabile” degli agricoltori prevede una drastica riduzione degli obblighi ambientali della condizionalità senza la garanzia di maggiori incentivi. Gli Stati membri saranno responsabili, senza vincoli, delle decisioni su quali impegni e sistemi di protezione ambientale attuare.
I pagamenti diretti e la gestione del rischio mantengono la loro autonomia rispetto agli altri fondi europei ma tornano ad essere così essenzialmente sussidi a fondo perduto per il solo sostegno al reddito degli agricoltori, rispolverando anche gli aiuti accoppiati ad alcune produzioni, come accadeva prima della riforma della PAC del 2000, con un ritorno al passato di 25 anni ignorando completamente le attuali crisi ambientali, climatica e perdita di biodiversità.
«È greenwashing»
«Giustificare l’abolizione degli impegni ambientali obbligatori in favore degli incentivi per impegni volontari è solo “greenwashing” al fine di giustificare l’impegno dei fondi pubblici europei destinati all’agricoltura. Gli Stati membri continueranno infatti a ignorare le normative ambientali e gestiranno i futuri impegni per il clima e la biodiversità senza nessun obbligo di risultati concreti e misurabili» spiega il WWF.
La proposta sarà discussa dagli Stati membri nel corso del prossimo anno e dovrà anche essere approvata dal Parlamento europeo. Poiché inondazioni e siccità continueranno a causare danni irreparabili ai raccolti degli agricoltori, i decisori politici europei dovrebbero prestare attenzione alle vere priorità per il bene comune della società, invece di guardare solo i benefici a breve termine e il consenso politico garantito dalle corporazioni agricole.
Anche Greenpeace Italia esprime profonda preoccupazione. «Attualmente, la PAC destina circa un terzo dei suoi fondi a iniziative ambientali e di lotta al cambiamento climatico, mentre la nuova proposta abbandona ogni forma di garanzia su tali investimenti, affidando agli Stati membri la piena discrezionalità nell’allocazione delle risorse. In sostanza, potrebbero essere azzerati i contributi destinati all’agricoltura verde, compromettendo la tutela del nostro territorio, della biodiversità e la lotta contro lo spopolamento delle campagne». «Affidare agli Stati membri il potere di decidere quanto investire nelle misure verdi e chi beneficia degli aiuti è estremamente preoccupante e mette a rischio l’obiettivo stesso della PAC», dichiara Marco Contiero, direttore della Politica agricola di Greenpeace Europa. «La discrezionalità mette a rischio non solo il finanziamento di azioni concrete contro l’impatto ambientale insostenibile dell’agricoltura industriale, ma rischia di favorire il perpetuarsi di una distribuzione scandalosamente diseguale dei sussidi, premiando le aziende più ricche e inquinanti. Senza regole chiare, controlli severi e una supervisione rigorosa, l’Unione Europea rischia di accelerare sia la chiusura delle piccole aziende agricole, sia il deterioramento degli ecosistemi a cui tutti teniamo».
Riguardo alle misure per modificare l’attuale sistema di sussidi, «il nuovo piano fisserebbe un limite massimo all’importo dei fondi pubblici che ogni azienda agricola può ricevere, i pagamenti basati sugli ettari coltivati diminuirebbero con l’aumentare delle dimensioni delle aziende agricole e i fondi dovrebbero essere destinati in modo più mirato agli agricoltori bisognosi». Ma Greenpeace avverte che «dare ai governi nazionali ampia discrezionalità nel decidere quali aziende agricole hanno bisogno di un sostegno supplementare rischia di compromettere questo approccio progressista volto ad affrontare le enormi ingiustizie nell’agricoltura europea. Ciò è particolarmente importante per un Paese come l’Italia, con un tessuto agricolo frammentato e molte famiglie di agricoltori in difficoltà economica».
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LETTURE UTILI
L’agricoltura che non è industriale non è facile, ma c’è, esiste e i contadini che la praticano sono ancora tanti e vogliono far sentire la loro voce. Ce lo spiega bene Antonio Onorati in questo libro, che ci fa capire:
• come le politiche agricole favoriscano i grandi gruppi e le multinazionali, ma anche come sia possibile cambiare rotta;
• come la pressione su brevetti e OGM rappresenti un enorme pericolo per la biodiversità e i piccoli coltivatori;
• come ci sia da fare un grande lavoro per ripensare le rappresentanze agricole;
• come sia sempre più necessaria e improcrastinabile una svolta agroecologica;
L’agricoltura contadina, e l’economia che le corrisponde, ha gli elementi necessari per garantire la produzione di cibo in armonia con la natura e non contro di essa.
