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Dalla Tunisia in marcia verso Gaza, per rompere l’assedio

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Migliaia di persone hanno iniziato a muoversi da tutto il mondo per unirsi alla marcia verso Gaza che cerca di rompere l’assedio che l’attanaglia. È iniziata la Global March to Gaza, preparata nelle scorse settimane.

Dalla Tunisia in marcia verso Gaza, per rompere l’assedio

testo e foto (di repertorio) di Giuditta Pellegrini

Aggiornamento 15 giugno:

Le decine di fermi e rimpatri forzati che le autorità egiziane hanno riservato alle persone giunte all”aereoporto del Cairo da vari paesi europei, tra cui l”Italia, con l’ntenzione di unirsi alla Golbal March, non sono riusciti a dissipare l”intenzione della carovana di continuare. Gruppi di attivisti hanno deciso infatti di rimanere nella capitale egiziana per cercare di negoziare l”ingresso a Rafah. Anche il convoglio Sumud è stato bloccato. Dopo uno stallo forzato in mezzo al deserto, alle porte della città di Sirte, le autorità libiche hanno intimato gli attivisti di lasciare il proprio territorio, minacciandoli, altrimenti, di cacciarli con la forza. Gli attivisti però non demordono: “Non smetteremo di mobilitarci. Continueremo ad utilizzare tutti i canali possibili per raggiungere il nostro scopo: fermare il genocidio e l’assedio di Rafah”, ha dichiarato uno degli organizzatori della Global March, Saif Abukeshek dai social del gruppo.

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Migliaia di persone hanno iniziato a muoversi da tutto il mondo per unirsi alla marcia verso Gaza che cerca di rompere l’assedio che l’attanaglia. È la Global March to Gaza la cui preparazione era iniziata già settimane fa.

Da marzo il governo israeliano non permette l’ingresso nella Striscia dei beni di prima necessità, come cibo e medicamenti. Lunedì 9 giugno circa un migliaio di persone si sono messe in cammino dalla capitale tunisina verso il valico di Rafah a bordo di auto private e pullman, nel tratto denominato Convoglio Sumud, e sono arrivate in Libia per ottenere i permessi per attraversare la parte orientale del Paese. Il convoglio intende proseguire verso il Cairo e poi dirigersi a El Arish, nella penisola egiziana del Sinai, per poi intraprendere una marcia di tre giorni verso il valico di Rafah.

Il gruppo, composto principalmente da persone del Maghreb, continuerà a raccogliere le adesioni lungo il percorso verso Gaza. «Dall’inizio della guerra genocida di Israele, venti mesi fa, i civili hanno protestato nelle principali capitali e intrapreso azioni legali contro i funzionari eletti per aver favorito la campagna di omicidi di massa di Israele a Gaza» ha ricordato l’emittente araba Al Jazeera. «Sin dal  dal 2007 gli attivisti hanno navigato su diverse imbarcazioni di aiuti umanitari cercando di rompere il soffocante blocco imposto da Israele alla Palestina e tutte sono state attaccate o intercettate. Nel 2010, in acque internazionali, commando israeliani abbordarono la Mavi Marmara, una delle sei imbarcazioni della Freedom Flotilla in rotta verso Gaza, uccidendo subito 9 persone e un’altra morì in seguito a causa delle ferite riportate» ha riportato ancora l’emittente, annotando come il rapimento dei 12 attivisti della Freedom Flotilla Coalition dello scorso 9 giugno sia l’ennesimo gesto che Israele compie al di fuori del diritto internazionale.

Il Coordinamento organizzatore del Convoglio, Azione Congiunta per la Palestina e parte della Marcia Globale per la Palestina, è sostenuto dal Sindacato Generale del Lavoro Tunisino, dall’Ordine Nazionale degli Avvocati, dalla Lega Tunisina per i Diritti Umani e dal Forum Tunisino per i Diritti Economici e Sociali.

Come riporta ancora Al Jazeera, la carovana «si sta coordinando con attivisti e persone provenienti da 50 paesi che arriveranno in aereo nella capitale egiziana, il Cairo, il 12 giugno, in modo che possano marciare tutti insieme verso Rafah con l’obiettivo di fare pressione sui leader mondiali affinché intervengano a Gaza».

Alcuni di questi attivisti sono affiliati a una serie di organizzazioni di base internazionali, tra cui il Movimento Giovanile Palestinese, Codepink Women for Peace degli Stati Uniti e Jewish Voice for Labour nel Regno Unito.

«La maggior parte delle persone intorno a me prova coraggio e rabbia [per quello che sta succedendo a Gaza]» ha detto Ghaya Ben Mbarek, una giornalista tunisina indipendente che si è unita alla marcia poco prima che il convoglio attraversasse il confine con la Libia, come riporta ancora Al Jazeera, spiegando che «Ben Mbarek è spinta dalla convinzione che, come giornalista, debba “stare dalla parte giusta della storia, fermando un genocidio e impedendo alla gente di morire di fame”».

Un’impresa non certo facile perché gli ostacoli in effetti sono molti soprattutto dal punto di vista delle autorizzazioni ad attraversare i territorio su cui si sviluppa il percorso.  

Intanto stanotte, dopo un’attesa durata qualche ora, la lunga carovana ha potuto attraversare la Libia ed è giunta fino a Zliten, accolta da una folla di persone della popolazione locale che offriva ai manifestanti cibo e benzina gratis.

Un primo grande obiettivo che i partecipanti alla marcia hanno accolto con il crescente entusiasmo di un’impresa dal basso che si sta rivelando storica, come mostrano i video in diretta diramati da Al Jazeera e dai canali social delle associazioni organizzatrici, raggiunto nonostante le dichiarazioni con cui ieri il Ministro della Difesa israeliano Israel Katz aveva ordinato all’esercito di bloccare l’ingresso del convoglio a Gaza, intimando alle autorità egiziane di impedire il passaggio sul proprio territorio.

In seguito, l’Egitto ha affermato che tutte le delegazioni straniere che desiderano visitare la zona di confine vicino a Gaza devono ottenere «l’approvazione preventiva» attraverso i canali ufficiali, non chiarendo se il convoglio abbia ottenuto o meno le autorizzazioni necessarie. Resta ancora non chiaro se ci sarà la possibilità di attraversare il tratto tra El Arish e il valico di Rafah, classificato come zona militare.

Tuttavia, come hanno dichiarato nei giorni scorsi all’agenzia stampa Associated Press, gli attivisti sperano che, anche se non saranno ammessi a Gaza, il loro viaggio spinga i leader mondiali a prendere una netta posizione per fermare l’orrore che si sta perpetrando, affermando che «restare inerti permetterà solo a Israele di continuare il suo genocidio finché la popolazione di Gaza non sarà morta o sottoposta a pulizia etnica».

«Il messaggio che la gente qui vuole inviare al mondo è che anche se ci fermate via mare o via aria, noi arriveremo, a migliaia, via terra», ha detto ancora la giornalista Ben Mbarek ai microfoni di Al Jazeera: «Attraverseremo letteralmente i deserti, per impedire alla gente di morire di fame».

Aggiornato alle ore 6.45 del 12 giugno

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