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Campagna “Ferma il riarmo”: «No a spese militari al 5% del Pil»

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I paesi membri della Nato si sono impegnati a portare le spese militari al 5% del Pil (3,5% per la difesa, 1,5% per la sicurezza) entro il 2035. Si tratta di un obiettivo «sproporzionato e inutile», come riprende anche la campagna “Ferma il riarmo”.

Campagna “Ferma il riarmo”: «No a spese militari al 5% del Pil»

I paesi membri della Nato si sono impegnati a portare le spese militari al 5% del Pil (3,5% per la difesa, 1,5% per la sicurezza) entro il 2035. Si tratta di un obiettivo «sproporzionato e inutile», come riprende anche la campagna “Ferma il riarmo”.

«La presidente del Consiglio Giorgia Meloni avrebbe dovuto prendere le distanze da questa scelta gravissima e senza alcun senso (nemmeno militare e di sicurezza), che all’Italia costerà circa 100 miliardi di euro extra ogni anno per il prossimo decennio – spiegano dalla Campagna – È evidente che i soldi che saranno impiegati per l’incremento delle spese militari saranno tolti da settori già gravemente sotto finanziati come il welfare, la protezione ambientale e la sanità, minando la vera sicurezza delle persone, che non si tutela con le armi ma con i diritti e la transizione ecologica. Le nostre organizzazioni lo denunciano e sottolineano da tempo, e tale avvertimento è di recente venuto anche dal Fondo Monetario Internazionale e dall’ultimo Rapporto Eurispes».

La campagna “Ferma il riarmo”, promossa da Greenpeace Italia, Rete Pace Disarmo, Sbilanciamoci e Fondazione PerugiAssisi, «condanna fermamente la decisione del vertice Nato, che va contro gli interessi del paese e contro l’orientamento della maggioranza degli italiani. L’Europa spende già quanto tre volte la Federazione Russa per la difesa: 454 milioni di dollari nel 2024 contro i 145 milioni di Putin (dati Sipri), mentre il mondo intero nel 2024 è arrivato a una spesa militare record (2.718 miliardi di dollari, + 9,4 rispetto al 2023), senza che questo abbia garantito una diminuzione dei conflitti o maggiore sicurezza globale».

«L’aumento della spesa militare è la risposta sbagliata alle crisi internazionali: tutti gli indici che misurano il tasso di conflittualità mondiale ci dicono che negli ultimi 20 anni di crescita dei bilanci della difesa, il livello di pace globale si è drasticamente deteriorato. Più armi non ci rendono più sicuri e non aumentano la crescita economica del Paese: garantiscono solo più profitti alle aziende della difesa» dicono dalla Campagna. Che «chiede al governo italiano e agli altri paesi Nato di non formalizzare l’impegno al 5% (che è solo un obiettivo politico, non un obbligo giuridico e mai giustificato nemmeno dal punto di vista militare), di fermare l’attuale corsa al riarmo che ci sta portando sul baratro della terza guerra mondiale, invertendo anzi la rotta e liberando così risorse per investimenti più utili e necessari, e di tassare gli extra profitti delle aziende della difesa».

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